Amori impossibili, passioni represse, tristi storie alle spalle, divisioni di classe, trame politiche, problemi economici e tanta, molta, sfortuna accompagnavano spesso i protagonisti di quei tomi che ci hanno tenuto compagnia durante l’adolescenza e che, per quell’argomento tutto incentrato su sentimenti soffocati, confondevamo con qualcosa di osé, versione nobile di un Harmony, che pertanto ci vergognavamo di leggere.
Gli autori di tali travagliati testi, anzi, spesso e volentieri le autrici, erano giovani donne dal passato infelice che riversavano nella scrittura i propri dolori, le speranze e i molti sogni. Le sorelle Brontë sono forse l’emblema di quella rigida epoca che oggi ricordiamo col nome di Vittoriana e la storia delle loro vite traspare nelle loro opere. Tutti i loro libri erano intrisi di storia e della triste realtà quotidiana e tutte e tre sono riuscite a lasciarci dei capolavori della letteratura.
In Jane Eyre s’intravedono molti dei probabili traumi infantili dell’autrice, ma qui, con fierezza, la sofferenza della protagonista sarà ripagata con un finale che è un’eruzione di emozioni. Pagine e pagine di repressione, costrizione, imprevisti, sino alla rinascita e alla rivincita nei confronti di una vita che sino allora era stata crudele. Non andò così nella realtà: le tre sorelle morirono tutte prima dei quarant’anni e temo che non abbiano mai provato le soddisfazioni attribuite alle loro eroine.
Molte, forse troppe, sono state le trasposizioni cinematografiche dei libri delle sorelle Brontë e, nell’attesa di vedere la promettente nuova versione di Cime Tempestose, ci siamo “accontentati” dell’attore del momento (che ha appena trionfato a Venezia e che abbiamo visto di recente in A Dangerous Method) Michael Fassbender, e della compagnia dell’ex “Alice” – Mia Wasikowska, ossia dei due indiscussi protagonisti della nuova pellicola dedicata a Jane Eyre.
Una fotografia impeccabile che ha reso i volti eterei quasi irreali e una recitazione da brivido, personaggi impostati e talmente abituati a non poter esprimere la propria emotività da sembrare non vivi. Sullo sfondo un clima uggioso, umido e un paesaggio monocromatico di un grigio che sfuma verso il verde spento dell’erba troppo bagnata o delle piante sempreverdi grondanti rugiada: un’austerità pesante come un macigno che si ravvisa anche nella natura circostante, tutto ci ricorda come l’unico sentimento concesso all’epoca fosse la noia. Tutto così coerente da poter serenamente affermare che regia e sceneggiatura siano senza sbavature: un film bello e fedele al testo, ma… drammaticamente senz’anima!
Se questo era lo scopo, allora m’inchino dinanzi al talentuoso regista e alla grande sceneggiatrice, ma siamo sicuri che la nuova versione 35mm del romanzo emblema del romanticismo non dovesse scuoterci senza sosta e farci arrivare stremati al finale? Perché non trascinare lo spettatore, suo malgrado, dentro la storia rinunciando a impalpabili ed alquanto inefficaci carezze? Il nuovo millennio non ci ha fatto divenire tutti famelici di emozioni forti? Quindi forse non avremmo dovuto dimenticare di essere seduti in un cinema ed illuderci di vagare per le stanze e per l’immenso parco del castello di Thornefield sperando di incontrare anche noi Mr. Rochester?
Pellicola perfetta per chi è attento al dettaglio e fobico delle sbavature, ma che non brutalizza a sufficienza chi vive di vulcaniche passioni.