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“Jane, la volpe & io” di Isabelle Arsenault e Fanny Britt, Mondadori

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

janecopEccoci di nuovo all’appuntamento con i libri finalisti al Premio Andersen 2014. Stavolta con quelli appartenenti alla neonata categoria dei fumetti.

La definizione di fumetto, per lo splendido albo dai natali canadesi “Jane, la volpe & io” – scritto da Fanny Britt, illustrato da Isabelle Arsenault e pubblicato in Italia da Mondadori nella ricca ed elegante collana Contemporanea – non risulta a mio parere strettamente corretta visto che non è secondo il tipico andamento a vignette e nuvolette che si svolge la narrazione.
Sicuramente è però giusta la classificazione come graphic novel, che lo caratterizza come una storia illustrata che dal picture book trae il rapporto interconnesso e inscindibile tra testo e illustrazione e dal romanzo la struttura – e anche la fascia d’età di destinazione – del racconto.

Inquadratura o meno, ciò che salta subito all’occhio maneggiando il libro – che si presenta in una veste curatissima e preziosa, con la bella copertina cartonata, il formato appena un po’ più grande del classico rilegato e le pagine spesse, consistenti al tatto e quasi monocolori alla vista – è che si abbia a che fare con una lavoro di livello elevato, che la qualità dell’illustrazione sia davvero considerevole e che lo spessore dell’opera – la sua poesia, ben giocata tra parole e figure – sia davvero degno di nota.
E’ l’aura dell’albo che si manifesta ancora prima della lettura stessa e che invita il lettore ad un approccio delicato, attento, promettendo insieme una lievità e un’intensità che non saranno disattese.

Un testo in prima persona, allo stesso tempo semplice e poetico, immediato e ricco di immagini e sensazioni, accompagna tenui, eppure impressivi, pur nella loro fuggevolezza grafica, disegni.
La narratrice e protagonista è Helene, una ragazzina, forse appena adolescente, della quale si comprendono subito la sofferenza emotiva e lo sparuto senso di solitudine.
Infatti Helene è emarginata all’interno del gruppo classe, vittima di prese in giro e atti di bullismo.
Le amiche – meglio, ex-amiche – se la prendono con lei parlandole alle spalle, sbeffeggiandola, dandole della grassa e goffa, stuzzicandola.
Lo sberleffo sul peso appare subito al lettore come un assurdo: la ragazzina non è affatto mostrata come grossa o peggio obesa. Al contrario è ben proporzionata e graziosa, con una massa di lisci capelli mori e un’aria triste e malinconica.

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Dietro le sue parole, e le figure che le corredano, fa capolino un’infanzia non ancora conclusa, con sogni di giochi e abiti da principessa, una famiglia modesta, con due fratelli gemelli piuttosto paghi del loro mondo e una madre amorevole– forse sola, mai si accenna ad un padre – provata dalla fatica del lavoro e della gestione casalinga
Helene racconta una quotidianità dalle tinte grigiastre –come il colore, declinato d’intensità, che domina le tavole – nella quale ci sono molto spazio e risonanza per i suoi pensieri perché, di fatto, questi non hanno la possibilità di essere condivisi con una coetanea, di essere stemperati in una risata o alleggeriti in un chiacchiera vivace.

Ma nonostante la sua mestizia, la giovanissima protagonista attira subito la simpatia e l’amorevolezza del lettore.
Forse perché le pagine sono tanto permeate dalle sue emozioni da renderle palpabili, forse perché si captano intensità, dolcezza, profondità assieme alla vulnerabilità e ai tratti infantili del suo carattere.

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Helene, da ragazzina sensibile quale è, trova un solo rifugio al suo malessere, un solo antidoto alla grettezza dei suoi coetanei: la lettura.
E il libro che sfoglia, quasi come un talismano durante i solitari viaggia in autobus da e per la scuola, è un grande classico della letteratura, un’opera amata da giovani e meno giovani: “Jane Eyre”.
Inframmezzato, quindi, dalla narrazione della quotidianità della ragazza c’è il racconto, sempre effettuato dalla protagonista stessa – e quindi col suo linguaggio, con le sue attenzioni, con le sue priorità – delle pagine del grande romanzo inglese. La storia della governate si intreccia con quella di Helene, è un’evasione e un sostegno, uno specchio e una speranza per il futuro.
Non a caso infatti le doppie facciate che raccontano le vicende di Thornfield, di Jane e Rochester, sono colorate, più vivaci e luminose rispetto al resto delle tavole.
Quasi un capovolgimento di quello che spesso accade in altri testi, dove è la narrazione secondaria ad essere mono-tinta, per intendere, magari, un tempo diverso ed un grado di irrealtà.
Qui, invece, il senso è differente: si tratta di una motivazione intima, psicologica, che rende il colore a Jane Eyre proprio perché solo tra le pagine del romanzo Helene può riappacificarsi con se stessa, essere in amicizia, farsi accompagnare dal personaggio, piuttosto che dalle sue coetanee in carne e ossa.

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La ragazzina, tra spiacevoli episodi e momenti di immersione nella lettura, trascorre il suo ménage. Fin quando una gita scolastica non arriva a mescolare le carte.
Si tratta di un campeggio di qualche giorno ed è inutile sottolineare che per lei è un prospettiva da incubo.
I suoi presagi funesti paiono subito avverarsi: relegata nella tenda delle emarginate, ancor più vittima di sberleffi, condannata a difendersi e a rendersi invisibile ventiquattro ore su ventiquattro, le cose paiono non poter migliorare.

E invece…Una sera, quando oramai tutto è scuro e silenzioso, Helene trova una volpe ai margini della boscaglia. Un momento magico: lo sguardo dolcissimo dell’animale pare dedicato solo a lei, il piccolo essere si avvicina, come fosse docile.
Sui grigi chiaro-scuri dei disegni la bestiolina è l’unico elemento fulvo, intenso, vivace.
E’ un attimo, la magia si interrompe subito ma è bastata. Poco dopo una ragazzina allegra e simpatica, una di quelle popolari, piomba nella tenda di Helene e da lì, come fosse la cosa più naturale del mondo, inizia un’amicizia.
Un’amicizia semplice, fatta di chiacchiere, risate e confidenze.
Ma il colore torna, piano piano, un minuscolo particolare dopo l’altro, nella vita della nostra protagonista.
E con esso un senso di leggerezza nuova, come quella indicata dalla bilancia e sottolineata dalle parole del dottore – “Sei assolutamente normale” – come quella scintillante che ammicca dietro le parole la mia migliore amica, come quella suggerita, con ironia, dalla volpe che, nell’ultima tavola, strizza l’occhio e saluta il lettore.

Un albo delicatissimo eppure dotato di grande forza e poesia.
Profondamente accogliente e capace di rappresentare con empatia e partecipazione i crucci emotivi, le difficoltà dell’età adolescenziale, quando il bisogno della conferma e dell’inclusione nel gruppo diventano elementi di vulnerabilità e armi in grado di rendere alcuni ragazzi vittime e altri carnefici.
La paura di non piacere, la necessità di conformarsi ad un modello, anche estetico, la convinzione che gran parte del valore che rende piacevoli agli occhi altrui risieda nell’esteriorità e la conseguente incapacità di sottoporsi ad un proprio giudizio realistico… sono tutti aspetti cruciali della crescita e della conquista di una propria sicurezza. Elementi che, purtroppo, possono anche sfociare in problematiche serie e che quindi non vanno minimizzati.

Splendida poi la costruzione dell’albo, evocativo e coinvolgente il linguaggio, originale l’intreccio con il romanzo di Charlotte Brontë – e il conseguente invito alla lettura che sottende.

Interessante l’uso del personaggio della volpe che, pur senza avere un ruolo attivo vero e proprio nella storia, di fatto opera un capovolgimento.
E’ l’elemento magico, il filo di connessione tra la letteratura, nella quale di rifugia Helene, e la realtà. Rappresenta il deus-ex-machina, il termine di finzione che, manifestandosi, rende possibile, e conquistabile, il lieto fine.

Le illustrazioni, infine, dell’albo riescono a coniugare mirabilmente evanescenza e incisività. Risultano allo stesso tempo oniriche e realistiche, come se si osservassero le scene tramite un filtro capace di velarle senza privarle di intensità.
Alla narrazione per vignette e riquadri si intervallano, di tanto in tanto, grandi tavole a singola o doppia facciata che aiutano ben rendere, anche con immagini metaforiche, l’emotività della protagonista.

(età consigliata: da 10 anni)

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