Un teorema sempre valido ha trovato conferma in maniera inaspettata. Il teorema (non di Marco Ferradini) è: mai giudicare una serie soltanto dalla puntata pilota. La serie che convalida questo teorema è: Jane by Design. Di cosa parla? Una ragazzina del liceo finge di essere adulta per lavorare in una stilosissima agenzia di moda, come schiavetta personale di Gray, una stilista e fashion guru interpretata da una Andie McDowell in versione perfida e in ottima forma. Sarà per merito di tutte le creme anti aging che pubblicizza? Praticamente è un incrocio tra Il diavolo veste Prada, per via dell’ambiente modaiolo, e Hannah Montana, dove la protagonista viveva una doppia vita. Il soggetto non è in pratica dei più entusiasmanti e di prima mano e, a vedere la puntata pilota, quest’impressione non troppo positiva mi è stata ulteriormente confermata. Così ho subito abbondonato Jane al suo destino. Dietro consiglio di Fabrizio (thank you!), ho però dato una seconda possibilità al telefilm teleteen e ho fatto male. Mi spiego: ho fatto male ad aver cassato Jane dopo il pilot e ho fatto bene a recuperarlo. Il teorema si è quindi confermato. È vero che le serie sono tante, tantissime, e il tempo è poco, pochissimo, però a dare giudizi affrettati si rischia di perdersi delle belle serie serine seriette come questa. Così come un disco non va giudicato soltanto da un ascolto, un telefilm va approcciato in maniera diversa rispetto a un film; ha bisogno di crescere, di costruire le sue trame puntata dopo puntata, di farti affezionare ai suoi personaggi poco a poco. Ed è quest’ultimo il punto di forza principale di Jane & company. Ti ci affezioni. Diventi addicted.
"Per essere una serie sulla moda, la tua scelta nei vestiti è alquanto discutibile, cara."
La serie, parliamoci chiaro, non è di quelle rivoluzionarie per forma o contenuti. Come abbiamo visto, non si presenta come nulla di nuovo; oltre alle citazioni precedenti, possiamo aggiungere pure Ugly Betty come telefilm di riferimento ambientato all’interno del sempre glamour quanto spocchioso mondo della moda. Rispetto a quello, non a caso tratto da un format sudamericano, qui l’impostazione è però per fortuna meno da soap-opera e più da serie teen. Un campo in cui ABC Family, il network americano su cui va in onda, è ormai diventata maestra, superando i precedenti campioni di The CW.The CW (che prima si chiamava The WB), tanto per chiarire, è la casa di molte delle serie teen per eccellenza degli ultimi anni, da Dawson’s Creek a One Tree Hill, da Gossip Girl a 90210. Negli ultimi tempi, però, i loro meccanismi sembrano essersi inceppati, qualche componente si è arrugginito e così, fatta eccezione per la fortunata variante fantasy di The Vampire Diaries, le loro serie recenti si stanno rivelando o delle ciofeche assolute (The Beautiful Life, il remake di Melrose Place), o delle grosse delusioni (Ringer), o perdono mordente e pezzi da tutte le parti stagione dopo stagione, come capitato all’ormai morente Gossip Girl. Approfittando del periodo di crisi di The CW, ABC Family ne ha approfittato per mettere la freccia di sorpasso. Non si può dire che siano infallibili pure loro, visto ad esempio che negli ultimi tempi hanno lanciato anche la poco irresistibile nuova comedy Baby Daddy, eppure ne azzeccano parecchie. Il loro periodo d’oro è cominciato con Pretty Little Liars, serie tanto trash quanto geniale che possiamo considerare una sorta di Twin Peaks in versione teen. Oh, sì. E ora ABC Family ha azzeccato un paio di altri colpi con Bunheads e Jane by Design.
"Di nuovo in galera? Ma non hai ancora capito che
visitare Pensieri Cannibali è illegale?"
"Ti insegno a giocare a baseball, ma non è per metterti le mani addosso, no no."
Da “sfigata” quale era, Jane diventa contesissima tra ben 3 uomini. Uno è il suo migliore amico Billy, con cui ha un rapporto simbiotico stile Dawson e Joey in Dawson’s Creek. Billy è un tipo un po’ punkettone, se non altro per la cresta, un po’ criminale da riformatorio ed è pure lui nel gruppo di “sfigati ma non troppo” del liceo. Billy esce con Lulu, una tipa “figa” del liceo, piena di soldi e snob. Più snob ancora di Gray, la capa di Jane. Solo che Lulu, naturalmente, non vuole che la storia tra loro due si sappia in giro, visto che si vergogna di Billy. Oltre al rapporto di amicizia (ma sarà solo amicizia?) con Billy, Jane è contesa tra uno stilista dal fortissimo accento inglese che lavora con lei e Nick, un giocatore di baseball, il classico tipo “figo pure troppo” del liceo. In più c’è un altro uomo nella vita di Jane. Questa volta non è un potenziale spasimante, bensì suo fratello, che ha rinunciato all’università e a una promettente carriera nel baseball per fare da fratello/padre a Jane, visto che il padre vero non si sa che fine abbia fatto e la madre se n’è andata. Ma a un certo punto ritornerà, sotto le sembianze di una Desperate Housewife. Pronti a sapere chi? Tanto non ve lo dico… (se proprio volete scoprirlo, basta che andate a leggervi il cast sopra)Gli ingredienti della serie? Una componente modaiola presente ma non troppo onnipresente, solite schermaglie amorose, solito conflitto “fighi” contro “sfigati” del liceo e qualche altra caratteristica da solito teleteen. Eppure Jane by Design funziona, nonostante il pubblico americano non l'abbia apprezzata a dovere e ABC Family abbia deciso di cancellarla dopo la prima stagione (grazie al Cielo almeno ha confermato lo spassoso Bunheads). Il suo punto di forza è quello di non pretendere di essere qualcosa di radicalmente nuovo, solo una teen serie ben orchestrata e a cui immancabilmente si finisce per affezionarsi. E quindi confermo il teorema: mai giudicare una serie soltanto dall’episodio pilota. (voto 7/10)