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Japan by rail /1 – Sapporo, l’Hokkaido e l’Honshu del nord

Creato il 06 ottobre 2014 da Betuli

Ho pensato parecchio come raccontare il viaggio in Giappone. Inizialmente avevo deciso di “sbrigarmela” con un unico lungo post-carrellata delle tappe del viaggio, ma presto mi sono resa conto che come soluzione non sarebbe stata praticabile. Troppi dettagli, troppi pensieri, troppe cose impresse nella memoria sarebbero state tagliate fuori. Così ho deciso di percorrere una strada a zig-zag, fermandomi spesso e deviando all’occorrenza – come al solito ammucchiando pensieri e impressioni senza un filo logico probabilmente, ma d’altra parte quando mai si è vista della logica qui attorno?!

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Sapporo
Il nostro viaggio giapponese parte dalla capitale dell’Hokkaido, che è una terra montuosa e selvaggia, ma questa è al contrario una città ordinata, pacata, decisamente tranquilla.
Camminiamo per Odori-koen, il lungo viale-parco che taglia da est a ovest il centro città, da un lato la Torre della Televisione, dall’altro il palazzo che una volta ospitava la Corte d’Appello, e in lontananza le montagne che nel ’72 ospitarono i giochi olimpici invernali. Poi prendiamo un tram e ci spostiamo a sud, saliamo sul monte Moiwa-Yama prendendo una funivia vertiginosa (ma la vista sulla città che speravamo di avere una volta in cima ci viene nascosta dalla nebbia – in compenso scopriamo una versione jappo dei lucchetti “alla Moccia”, comunque melensi e insopportabili, ma ordinati in modo quasi maniacale).
Ci accorgiamo prestissimo di un paio di cose che ci sorprendono e in parte ci spiazzano: siamo le uniche persone non-giapponesi in giro per la città, o nei negozi, o sulla metropolitana, o nei vari luoghi di punta del turimo di Sapporo. E pochissime persone parlano inglese: turisti stranieri o no, la comunicazione può tranquillamente continuare a fluire in giapponese, in un modo o nell’altro ci si capirà. Senza scortesia o indifferenza, ma con testarda naturalezza – come a voler dimostrare che l’ospitalità in Giappone può benissimo fare a meno di una lingua condivisa.

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Aomori
Ad Aomori ci fermiamo solo un paio d’ore per sgranchirci le gambe durante il viaggio che dall’Hokkaido ci porterà verso sud. Viaggio in cui sperimentiamo per la prima volta (prima di una lunga serie) la precisione assoluta del trasporto ferroviario giapponese. I treni sono spaziosi, ordinati e pulitissimi, e puntuali al nanosecondo.
Aomori è famosa per le mele – se non l’avessimo letto sulla guida, l’avremmo comunque intuito: i lampioni della via commerciale ne hanno la forma e il colore. E’ una città che sembra essersi fermata agli anni ottanta, un po’ ingiallita e fuori moda – anche se ordinatissima, s’intende.

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Tazawa-ko
Nel villaggio di Tazawa-ko ferma lo Shinkansen, il lago nelle vicinanze è meta turistica e balneare. Una volta usciti dalla piccola stazione ferroviaria però la sensazione è quella di “ritorno alle origini”, di un luogo dove è la natura incontaminata a farla da padrone, complice forse la pioggia scrosciante che ci accoglie al nostro arrivo.
L’ostello, qualche kilometro fuori paese, è letteralmente immerso nel bosco – la notte è totalmente buia e il silenzio è rotto solo dal canto dei grilli. E’ un ostello in stile tradizionale giapponese: si dorme sul tatami, si cammina rigorosamente con le pantofole, si riposa il corpo facendo il bagno nell’onsen e si fa colazione con riso e pesce affumicato. Assaporiamo ogni goccia di quest’esperienza a tratti “estrema”, in questo luogo sperduto dove gli unici altri ospiti sono una coppia di motociclisti (giapponesi ovviamente).


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