(Pubblicato su Blu Agorà Caffè l’8 luglio 2004)
Immagini di rovina e disfacimento caratterizzano tutto il film. Altipiani fuori dal mondo, villaggi sperduti, animali ammazzati, facce desolate, erotismo repulsivo. Il passo è lentissimo, scandito da sguardi inerti, gesti rappresi, silenzi interminabili. Aleggia una sensazione di sospensione temporale, di mancanza di riferimenti, d'attesa frustrante, metafora di una condizione dell’animo che va a chiudersi in un morboso cupio dissolvi. Sottolineato e prolungato dalla fotografia slavata, dalle immagini sgranate, dai fuorifuoco, da pianisequenza trasognati e panoramiche controluce.
La stanchezza del vivere si confronta però con la forza mite e caritatevole della vecchia Ascen, la quale ripone la sua fede nel perdono e nel sacrificio di sé. Che, forse, contribuirà a ridare senso a ciò cui l’uomo voleva sfuggire per sempre.
Non è facile orientarsi in questo nulla dolente e polveroso. Anzi, ci s’immerge con il protagonista nel suo attonito vagabondare e ci s’incanta davanti alla spiritualità ingenua ma salvifica della donna. Japón è un film scabro, ostico, prolisso, eppure intenso, coraggioso nella sua enigmatica essenza.
Una provocazione da raccogliere e da vedere.
Japón, di Carlos Reygadas, con Alejandro Ferretis, Magdalena Flores (Messico, 2002, 130’). Vincitore della Camera d'Or al 55º Festival di Cannes.