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Jason Goodwin, L’occhio del diavolo Einaudi,

Creato il 06 novembre 2011 da Atlantidelibri
Istanbul, Turkey

Image via Wikipedia

Quarta avventura per Yashim, investigatore nell’Impero ottomano in declino della prima metà dell’ottocento (siamo nel 1839). Una trama ricca e gustosa, una accurata ricostruzione storica un eccellente eroe alle prese con il disfacimento di un mondo, con la fine di un’epoca, e con tutte le conseguenze che ciò comporta.

Jason Goodwin, L’occhio del diavolo
Einaudi,

In una Istanbul che emana tutto il fascino malinconico di un grande impero in decadenza, il detective eunuco Yashim indaga su un caso che lo porterà nelle piú recondite stanze del palazzo: il serraglio del sultano.

Ci vuole uno scrittore dal talento prodigioso per restituire la Istanbul dell’impero ottomano in tutta la sua magnificenza.
Jason Goodwin lo aveva già fatto nei suoi tre romanzi precedenti, L’albero dei giannizzeri, Il serpente di pietra, Il ritratto Bellini, ma in questo suo nuovo libro i misteri della Sublime Porta sono piú affascinanti che mai.

Istanbul, 1839. L’ammiraglio della flotta ottomana è passato tra le file dell’esercito egiziano. Toccherà a Yashim scoprire che cosa possa aver condotto Fevzi Ahmet a tradire l’impero. Un’inchiesta che condurrà il detective eunuco nel serraglio del sultano, un mondo dominato dalla paura, l’ambizione e la superstizione, un mondo in cui i segreti sono quanto di piú sacro ci possa essere, le leggi sono sospese e le donne possono semplicemente sparire nel nulla.

«I cannoni risuonarono sul Bosforo. Il fumo bianco, colore del lutto, fluttuò a pelo d’acqua. Il sultano Mahmut II era morto. Era asceso al trono di Osman come monarca in turbante di un impero medievale ed era morto in fez e redingote. Nel suo lungo regno aveva dato all’impero ottomano la sella alla francese, una sorta di costituzione, un esercito moderno e i fucili a percussione. Aveva annientato i feroci giannizzeri, in quanto ostacolo al progresso, e aveva ceduto la Grecia ai greci, la Crimea ai russi e l’Egitto a un avventuriero albanese di nome Mehmet Ali Pascià. Si era costruito un palazzo moderno a Besiktas, dove manteneva un harem come gli antichi sultani. Nell’harem c’era il pandemonio».



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