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Jean-Pierre Melville

Creato il 21 aprile 2013 da Alejo90
Vingt-quatre heures de la vie d'un clown (1945) - Cortometraggio
Il silenzio del mare (Le silence de la mer) (1949)
I ragazzi terribili (Les enfants terribles) (1950)
Labbra proibite (Quand tu liras cette lettre) (1953)
Bob il giocatore (Bob le flambeur) (1955)
Le jene del quarto potere (Deux hommes dans Manhattan) (1959)
Leon Morin prete (Léon Morin, prêtre) (1961)
Lo spione (Le doulos) (1963)
Lo sciacallo (L’aîné des Ferchaux) (1963)
Tutte le ore feriscono, l'ultima uccide! (Le deuxième souffle) (1966)
Frank Costello faccia d'angelo (Le Samouraï) (1967) - 2,5/5
L'armata degli eroi (L'armée des ombres) (1969)
I senza nome (Le cercle rouge) (1970)
Notte sulla città (Un flic) (1972)
Melville  (1917-73) è uno dei più noti registi francesi di polar.
-Frank Costello faccia d'angelo
Francia 1967 - polar - 107min.
Il sicario Frank (Alain Delon) uccide un tizio in un bar per conto terzi. Finisce sulla lista dei sospetti, è interrogato ma lasciato libero per mancanza di prove. Braccato sia dal commissario (François Périer), convinto della sua colpevolezza, sia da chi l'ha assunto e ora vuol farlo fuori, il solitario criminale va verso la morte.
Della cultura giapponese ha la compostezza ieratica della messinscena, il rigore geometrico delle forme, la componente sentimental/emozionale trattenuta all'interno dei personaggi, la compostezza del "seppuku" finale. Di americano ha l'impostazione di genere (il noir), i personaggi archetipici del sicario, del poliziotto e della femme fatale. Se da un lato se ne apprezza lo stile così inusuale, dall'altro è impossibile non evidenziare la noia serpeggiante che si insinua al procedere nella visione, dopo un promettente inizio (la sequenza nel bar e quella nella centrale di polizia): il ritmo si perde per strada lasciando il posto a formalismi estetici dietro cui non c'è altro che la loro contemplazione. L'arte per l'arte, insomma, sacrificando il concetto di intrattenimento che è essenziale in un genere come il noir. L'espressione dolente di Delon, uguale per tutto il film, è sineddotica dell'intento autoriale: non creare personaggi, ma icone; non narrazione ma coreografia; non pensiero ma puro atto (anche questo un topos della cultura nipponica). Tentativo solo in parte riuscito perchè sebbene questo aspetto contemplativo sia preponderante è a volte messo da parte per sviluppare la storia, con il rischio che da una parte si abbia una vicenda abbozzata e poco interessante e dall'altra una serie di bei quadri un po' fini a sè stessi.
A seconda delle aspettative può risultare frustrante o avvincente: da vedere, per farsi un'idea.
Voto: 3/5

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