Vignetta di Andrea Ventura: I jeans che costano un occhio della testra... o meglio 2 polmoni del torace...
Testo di Alexia Mangano
Per un vero fashion victim il jeans dall’aria vissuta è un vero must. Ma il modaiolo accanito sa che i suoi pantaloni trendy, probabilmente, causeranno la morte di un essere umano? Ebbene, sembra incredibile, ma questo, purtroppo, può essere un effetto indesiderato di “una moda troppo alla moda”. Infatti, è pratica diffusa, al fine di donare al denim l’ “effetto vintage”, adoperare la tecnica del sandblasting, che consiste nello sparare attraverso un compressore della sabbia direttamente sulla porzione di tessuto che si desidera scolorire.
La sabbiatura è un processo abrasivo adoperato per lisciare, attraverso la sabbia sparata ad alta pressione, superfici tradizionalmente metalliche o ceramiche; la tecnica dovrebbe essere impiegata soltanto se i materiali usati contengo meno dello 0,5% di silice (negli Stati Uniti meno dell1%) e solo con adeguate protezioni e preferibilmente attraverso macchinari appositi.
Invece, per quanto concerne la sbiancatura dei jeans, lo sporco lavoro viene affidato alle mani nude di giovani disgraziati abitanti di paesi più poveri come Turchia o Bangladesh i quali, senza alcuna protezione, si servono di pistole manuali ad aria compressa che sparano sabbia contenente fino all’ 80% di silice, assicurandosi così una morte prematura.
Infatti, la silice contenuta in questa sabbia è altamente tossica in quanto, se inalata, causa una malattia irreversibile e mortale: la silicosi.
Malattia un tempo strettamente legata al lavoro in miniera e ai lavoratori dell’industria pesante, la silicosi, compromette la buona funzionalità dei polmoni, dando luogo a gravi difficoltà respiratorie che alla lunga portano alla morte del malato.
A differenza dei minatori, nei quali la malattia tendeva a cronicizzarsi e il cui decorso era decennale, gli operai addetti alla sabbiatura dei jeans contraggono la malattia nella sua forma acuta, il che vuol dire che la sviluppano in tempi brevi, quasi fulminanti. Questo avviene perché ai lavoratori non è fornita l’attrezzatura basilare necessaria a proteggersi (tute, guanti, mascherine)e a volte, anzi, questi lavorano persino scalzi e per di più sono sottoposti a turni massacranti di lavoro, costretti anche a dormire nello stesso luogo di lavoro spesso situato in scantinati senza alcun ricambio di aria e a contatto diretto con le polveri per una quantità spropositata di tempo.
Esistono altre tecniche per decolorare il denim, come l’uso di sostanze chimiche, il laser, il lavaggio con la pietra, la spazzolatura, la carta vetrata (sebbene, anche per queste, non si possa essere totalmente sicuri sull’ innocuità per la salute del lavoratore), ma, oltre ad essere meno precise (la sabbiatura permette di sparare la sabbia appunto direttamente in porzioni di tessuto localizzate, cosi da esaudire in pieno le richieste dagli stilisti che desiderano “effetti particolari”), risultano anche notevolmente più costose.
Il primo caso di silicosi associato alla sabbiature venne diagnosticato nel 2005 in Turchia; fu, però, nella primavera del 2009, che il governo turco vietò definitivamente la pratica della sabbiatura manuale dei jeans, a seguito dell’accertata correlazione tra la morte per silicosi di più di 40 uomini e il loro lavoro come sbiancatori del denim.
Poiché la domanda di questi capi così trattati non è calata, anzi è continuata a crescere, la pratica della sabbiatura si è affermata in altri paesi come Cina, Bangladesh, Pakistan, Messico, Egitto, Brasile, India, Indonesia, dove sono prodotti quasi tutti i jeans venduti in Europa e dove non vigono controlli in merito né, tanto meno, statistiche che permettano di verificare gli eventuali casi di silicosi tra i lavoratori del settore.
A tal proposito, quasi un anno fa, precisamente il 7 novembre 2010, è stata lanciata la campagna internazionale Clean Clothes Campaign (CCC)1, in collaborazione con il Comitato di Solidarietà dei Lavoratori della Sabbiatura in Turchia (Solidarity Committee of Sandblasting Labourers), che mira a spingere imprese e paesi produttori di jeans a mettere al bando la sabbiatura del denim, garantire le pensioni di invalidità ai lavoratori che hanno contratto la silicosi e applicare norme che garantiscano la sicurezza sul lavoro e la salute degli operai.
Le case di moda interessate piano piano stanno provvedendo a eliminare il sand blasting anche se con forti resistenze da parte di alcune, tra le quali tristemente spiccano nomi di colossi italiani, come Dolce e Gabbana, che dopo la recente resa del marchio Cavalli, rimane nascosto dietro vergognose tapparelle di silenzio2.
In tutto questo battagliare e cavare dalla bocca dei grandi produttori di jeans promesse di pronto intervento, nessuna azienda, però, si è presa la briga di verificare le condizioni di salute dei lavoratori ed eventualmente risarcire coloro che si sono ammalati di silicosi; inoltre, senza un’effettiva opera di monitoraggio è molto difficile rendersi conto di quanto si stiano attivando in merito alla faccenda e se ciò che viene dichiarato è in linea con ciò che viene messo in pratica.
Senza contare che per il consumatore è praticamente impossibile rendersi conto se il jeans che si sta acquistando è stato trattato con la sabbiatura o con altro metodo di sbiancamento, data che sulle etichette non c’è nessuna indicazione a riguardo.
Sarebbe bene, così, eliminare dal nostro guardaroba i jeans scoloriti, per non rischiare indirettamente di contribuire alla morte di un uomo. Effettivamente, per dirla tutta, dovremmo forse non acquistare più jeans di nessun modello perché la produzione stessa del tessuto denim comporta alti tassi di inquinamento e dispendio di energie notevoli. Ma ritengo sia chiedere tanto. Che mondo sarebbe senza loro? Poveri jeans, dopo anni di onorata carriera, proprio loro nati per vestire i lavoratori, grazie alla loro resistenza, dopo avere fasciato le gambe dei cowboy nei film western, divenendo emblema di mascolinità, assorti poi a emblema della ribellione giovanile e “divisa per eccellenza del giovane”, finiscono miseramente imputati per omicidio, beffardamente, ai danni dei loro primi destinatari.
1. I consumatori possono firmare un appello sul sito della CCC per sostenere la Campagna.
2. Un elenco aggiornato delle aziende che hanno bandito l’uso della sabbiatura si trova qui: http://www.cleanclothes.org/urgent-actions/sandblasting Nella stessa pagina web è possibile inoltre firmare una petizione online per fermare la pratica della sabbiatura