Avere un programma di training che prevede 35 minuti di cyclette al giorno mi sta consentendo di vedere un sacco di roba in streaming, io che oramai non ho quasi più tempo per godermi un film in santa pace, la sera davanti alla TV.
Approfittando dell’occasione mi sono dunque messo in testa di rivedere alcuni cartoni animati superclassici della mia infanzia. Per fortuna su Youtube si trova di tutto, sicché mi sono riguardato tutto Jeeg Robot d’Acciaio, del leggendario Go Nagai, a ritmo di due puntate a pedalata.
Bello liscio.
Un po’ si è trattato di puro sfizio, un po’ di praticità (episodi di 18 minuti l’uno, l’ideale) e un po’ di documentazione per il mio dittico con robot e mostri come protagonisti.
L’esperienza si è rivelata particolare, per certi versi estraniante, ma molto istruttiva. E ora vi racconto perché.
A sette, otto anni – età in cui ho visto per la prima volta i robottoni giapponesi – il mio interesse principale era quello di vedere spettacolari combattimenti tra invincibili eroi e bestie infernali. Roba che Go Nagai ci ha sempre regalato con generosità.
Senz’altro il suo ricco immaginario ha messo diversi tasselli importanti nella formazione del mio immaginario. I mostri guerrieri, i guerrieri Aniwa, i Mikenes e tutte le altre creature che combattevano Mazinga, Jeeg etc etc sono ancora oggi affascinanti da vedere, quasi come le illustrazioni di Gustave Doré e i quadri di Bosch. No, non è un’esagerazione.
Però, ecco, da bambino certe sottigliezze arrivavano semmai nel subconscio, mentre per il resto ci si godevano le mazzate tra robot e bestie aliene.
Rivedendo Jeeg a 37 anni ho notato un po’ di altre cose (in realtà le sapevo già, avendo letto alcuni libri in materia, per esempio questo).
Innanzitutto sì, erano cartoni animati che alternavano grandi ingenuità, suppongo per rispettare i risicati 18 minuti a puntata, a momenti di vera e propria epica guerriera. Doppio binario che rende comunque godibile Jeeg Robot d’Acciaio anche a un adulto, se guardato nella giusta ottica. Si può chiudere un occhio sugli inesauribili magli perforanti, sul meccanismo di aggancio con l’improbabile modulo Antares (il cavallo meccanico), sui tempi di recupero del centro antiatomico (puntualmente devastato dai nemici) e su altre sciocchezze. Come in tutte le cose occorre rendersi conto ciò di cui stiamo usufruendo, comportandoci di conseguenza.
E così rimane tutto il resto.
Già, il resto.
Jeeg è un anime che rispecchia appieno le classiche tematiche care a Go Nagai, che l’anno distinto tra gli altri mangaka meno talentuosi e ispirati. Vediamo quali sono gli aspetti “maturi” che emergono da questa opera, e in parte dalle altre epopee nagaiane.
- L’eroe giovane, destinato al sacrificio e votato al dovere, anche se apparentemente ribelle. Hiroshi Shiba è perfetto in questo ruolo, non a caso nelle puntate finali viene colto da una vera e propria tanatofobia, che supera imponendosi la necessità di combattere per un bene superiore. Hiroshi è dunque un guerriero ammirevole, ma non infallibile, né “pulp”. Sembra semmai un samurai moderno, per quanto il suo look dimostri l’amore di Go Nagai per un certo tipo di immaginario occidentale.
- Ambiguità del male. I cattivi che si oppongono all’eroe di turno non sono mai del tipo “super-signore del male senza un perché.” Hanno invece motivazioni, personalità, senso dell’onore. In Jeeg ci sono dei villain che, puntata dopo puntata, riescono ad attirare le simpatie degli spettatori. Parlo dei ministri Ikima, Amaso e Mimashi, dell’enigmatica Flora, e perfino di Himica stessa. Oltre a combattere per una causa del loro popolo, dimostrano una dignità che non li rende certo buoni, ma nemmeno odiosi al 100%.
- Passato e futuro. Go Nagai fonde la sua passione per la storia e la mitologia con la fantascienza pura. Non a caso la genesi di Himica e l’Impero Yamatai, nemici di Jeeg, pesca nell’età classica del Giappone. Al contempo i mostri Aniwa sono creature meccaniche che appartengono però, così si intuisce, a una preistorica razza di “bestie di roccia”. Questa fusione tra storia e fantascienza è ancora più chiara ne Il Grande Mazinga, i cui nemici sono i terribili Mikenes, che si rifanno ai micenei, e capaci di creare terribili giganti biomeccanici.
- Fiducia nelle nuove generazioni, dimostrata dal fatto che gli eroi sono quasi tutti 20-30enni (Hiroshi ha 25 anni), capaci sia di rispettare le tradizioni che di adattarsi ai prodigi della scienza e della tecnologia (i robot, i mecha etc). Viceversa i campioni dei “cattivi” sono solitamente rappresentati come anziani conservatori, con tanto di barbe, lineamenti da vecchi, nonché desiderosi di ristabilire il vecchio ordine (solitamente imperiale/dittatoriale). Un ordine che non è necessariamente entropico, bensì contrario alla libertà individuale dell’uomo.
Con questi aspetti ben chiari, se pur espressi nella ovvia rozzezza di un anime pensato anche/soprattutto per fini commerciali, posso affermare che Jeeg (e gli altri robot nagaiani) si merita la fama immortale che dura dall’ahimé lontano 1975.
Inutile fare polemica, ma viene spontaneo il paragone con anime di recente successo, da Yu-Gi-Oh! a Naruto e… vabbé, ci siamo capiti.
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Alex Girola – follow me on Twitter