1995: Jafferson in Paris di James Ivory
In concorso al 48° Festival di Cannes, non ha avuto buone accoglienze da parte della critica.
“E’ un film piatto” (La Stampa), “Film deludente e di maniera” (Famiglia Cristiana), “…non appassiona” (Il Giorno), “Film esageratamente ambizioso” (Il Corriere della Sera”.
Al pluripremiato James Ivory (californiano ma di cultura europea) siamo debitori di film importanti come Maurice Camera con vista Quel che resta del giorno Casa Howard…
Jefferson in Paris è, sicuramente, il lavoro più sontuoso e spettacolare che abbia realizzato. Forse troppo calligrafico, come molti critici hanno rimproverato. Ma è indiscutibile che visivamente sia un’opera splendida e che la ricostruzione storica e ambientale evidenzi una perfezione rara.
Il difetto è nella sceneggiatura. Numerosi gli argomenti svolti, almeno cinque: 1) la fine dell’assolutismo francese e l’inizio della rivoluzione, 2) la tratta dei negri e il problema del razzismo, 3) la storia d’amore del protagonista, 4) i contrasti padre-figlia, 5) la questione degli eredi illegittimi…
Tanti, troppi temi. che malamente si integrano tra loro.
L’impressione, è di assistere a più film discordanti tra loro.
Il risultato, è che lo spettatore rimane disorientato e non sempre rimane coinvolto.
Ottimo il cast composto da molti nomi illustri.
p.s
Scrive Niccolò Rangoni Machiavelli: “Ivory salva l’opera grazie al feroce sarcasmo con cui paragona una società apertamente divisa e pronta alla rivoluzione del popolo (la Francia) con una nazione più ipocrita (quella americana) che si riempie la bocca con l’ideale dell’uguaglianza fra gli uomini senza aver ancora abolito la schiavitù”. Concordo in pieno.