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Jerry Calà: «Siate futili, giova alla salute»

Creato il 29 giugno 2012 da Nicola Mente
Jerry Calà: «Siate futili, giova alla salute»

Jerry Calà

Si sa, l’estate è la stagione in cui tutto viene alla luce. I mesi feriali corrono silenziosi, raccontando un’evoluzione incastonata sotto il solleone, nella stagione che più di tutte, nel nostro quotidiano, riesce a tracciare bilanci, e lanciare tendenze covate lungamente durante il resto dell’anno. L’estate 2012 sarà la prima estate del dopo Berlusconi, e la prima del nuovo corso aperto da Mario Monti e dalla dottrina della sobrietà: l’Italia, paese da sempre abituato a dedicarsi relax e divertimenti estivi, dovrà stavolta fare i conti con la rigida politica di rigore imposta dalle oscillazioni dello spread. Eppure, a pensare a qualche anno fa, l’estate italiana appariva come la solita e sudata stagione di eccessi, di sorrisi e di spensieratezza. Di fronte a tutta questa reticenza passata, l’italiano ai tempi della crisi riuscirà a mantenere i suoi standard estivi, anche in questo terribile 2012? Siamo andati a chiederlo ad uno dei massimi esponenti dell’italianità sotto l’ombrellone: quel Jerry Calà principe della commedia estiva, baluardo di anni rosei che sembrano ormai solo un pallido ricordo.

Jerry Calà: «Siate futili, giova alla salute»
Signor Calà, iI tempi di “Professione Vacanze” sembrano lontani, da più parti ci viene imposto rigore e sacrificio: in molti pensano che quest’estate ci presenterà il conto, e a pagare sarà la nostra spensieratezza. Qual è la sua visione?

Io credo che non sia l’estate a  comandare noi, piuttosto è ognuno di noi a creare l’estate. Al termine del mio spettacolo che sto portando nelle discoteche e nelle piazze di tutta Italia (“Non son bello… Piaccio!”, ndr), chiudo sempre con una frase a mio parere molto significativa: “Fatevi portare via tutto, ma non fatevi portare via l’estate che è dentro di noi”. Io credo che sia questo il senso: l’estate non è una stagione, ma uno stato d’animo.

Dunque, per lei la nostra volontà di spensieratezza è ancora più forte delle congiunture economico-politico-finanziarie che sembrano metterci il bavaglio?

Certamente. Credo che serva una reazione da parte di ognuno di noi, come credo che non ci si debba piegare alle logiche del populismo. Sono appena arrivato in Sardegna, per allestire la nuova stagione del mio locale (Il “Vita Smeralda”, a Poltu Quatu), e ho notato subito come l’aria sia diversa rispetto agli anni passati. Le persone hanno paura di spendere. La paura attanaglia tutti: chi non ha risorse, ma anche chi ne ha.

Questo è un brutto segnale. Di solito la paura mette i freni, e con i freni tirati si va poco lontano. La sua ricetta qual è?

Molto semplice: cercare comunque di non farsi spaventare. Cercare di vivere, e non di sopravvivere. Io ho grande rispetto per chi ha difficoltà a sbarcare il lunario, ma credo che chi ha la possibilità di spendere, debba farlo senza aver paura di essere giudicato. Ѐ ora di ricominciare ad investire nelle spese apparentemente più futili, oltre che pensare ad investimenti edilizi. Perché? Perché trattarsi bene giova alla salute, e soprattutto perché soltanto in questo modo si può ravvivare un processo economico che poi, alla lunga, ci riguarda tutti, ricchi e poveri.

Quindi lei crede che il ricco sia ancora più spaventato del povero?

Dalla mia esperienza, noto con disappunto che, negli ultimi anni, la parola “Vip” è diventata una parolaccia. Molti miei amici provano vergogna a comprarsi una Ferrari, o ad attraccare lo yacht al molo. Per paura di essere giudicati, controllati, infamati. Quest’anno a Poltu Qualtu ci sono otto attività commerciali in meno. Questo non significa soltanto che i ricchi non vogliono più comprare: significa anche che i meno ricchi non possono più lavorare come commessi in quegli esercizi. Come vede, è un effetto domino che rischia di distruggere tutto.

Jerry Calà: «Siate futili, giova alla salute»
Il suo invito è quello di osare un po’ di più. Certo, i tempi di “Professione Vacanze” sono ormai lontani. Ritorneranno?

Quelli erano gli anni Ottanta, e il processo era esattamente quello inverso:  il “must” era l’ostentazione, anche eccessiva, anche spropositata rispetto alle reali possibilità. Vivevamo in una realtà che ti coccolava, e ti faceva credere capace di vivere oltre le tue possibilità. Ecco, il consiglio che propongo io è proprio questo: osare un po’ di più di quel che si potrebbe. Potrebbe apparire un discorso provocatorio, o classista, ma non lo è. Tutt’altro. Perché a terra ci siamo già finiti, ma ora, per rialzarsi, occorre uno sforzo. E a chi si potrebbe chiedere uno sforzo, se non a chi ha le risorse per farlo?

Come diceva Borsellino, insomma: «La paura è normale che ci sia, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, sennò diventa un ostacolo che ti impedisce di andare avanti». Che sia proprio questa, l’estate del crocevia? Quella della paura, ma anche quella del coraggio?

Mi auguro di sì. Gli italiani sono stati sempre abili a reinventarsi, e a superare gli ostacoli con scherzi e sorrisi. Non bisogna lasciarsi mortificare: soffrire va bene, ma fino ad un certo punto. Bisogna rendersi conto di essere protagonisti attivi, senza subire passivamente diktat eccessivamente populisti. Dunque, godiamoci l’estate, senza preoccuparci eccessivamente del futuro. Perché il buon futuro, senza un ottimo presente, di solito non ha motivo di esistere.

(Pubblicato su Gli Altri Settimanale edizione cartacea, del 29 giugno 2012)



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