Jessica: idea diffusa o costruzione narrativa?

Da Elisabettaricco

Nei giorni scorsi ho terminato un libro sulla scuola Il Rosso e Il Blu di Marco Lodoli. Vi avevo già parlato alcuni mesi fa del film (http://www.psises.it/?p=2365), molto bello, tratto da questo piccolo libro. L’autore, insegnante delle superiori, porta il lettore a riflettere su un mondo in continua e velocissima evoluzione: quello della scuola… Scuola intesa come ragazzi, che ne sono la parte vitale e come insegnanti, facilitatori (almeno sulla carta) di apprendimento e maturazione.

Vi riporto un passaggio tratto dal libro:

Un giorno, a mezz’ora dalla fine delle lezioni, una ragazza – sembrano più sveglie, le ragazze, più sincere – ha cominciato a dire che l’unica cosa importante sono i soldi. Non è un’affermazione nuova, anzi direi che i miei allievi sono piuttosto ossessionati dal valore del denaro, che sta senz’altro al primo posto nella loro brutale gerarchia. Come al solito io ho ribattuto che i soldi sono importanti, ma non sono tutto nella vita, e soprattutto che non devono occupare il primo posto nella fantasia di un adolescente. A diciasette anni altre devono essere le preoccupazioni e le gioie: l’amore, lo studio, l’impegno, l’amicizia, le avventure del cuore e della mente, e così via. Ma poi uscendo dal solito tracciato pedagogico, ho voluto capire meglio: “Perchè, cara Jessica i soldi sono così decisivi? Spiegamelo, io non lo capisco”. La risposta è stata immediata, diretta, sorprendente. “Perché i soldi sono il contrario della realtà. Non è vero che i soldi permettono di avere più fette della torta, questa torta è marcia e nessuno la desidera. Più sei ricco, più puoi rimanere fuori dal mondo. Meglio ancora: puoi abitare in un mondo a parte, tutto fantastico, tutto inventato e vulnerabile”.

Il contrario della realtà, e cioè?

“E’ semplice, le faccio l’esempio della mia famiglia. Mio padre guadagna mille e cento euro al mese. Ne paga seicento di affitto per la casa in cui viviamo, uno schifo di casa. Per andare avanti ha dovuto chiedere prestiti alle finanziarie, alla banca, agli amici. Ora deve lavorare giorno e notte, spezzarsi la schiena per mantenerci, dormire poco e preoccupato. Noi siamo dentro alla realtà, ma la realtà non è mai bella. Lei professore ci ha spiegato gli scrittori realisti e neorealisti: e questi scrittori cosa raccontano? Miseria, degradazione, squallore. Questa è la realtà. Chi ha molti soldi, invece , può vivere da un’altra parte, lontano dalla minaccia della realtà. si può creare le sue favole. Una bella barca per viaggiare sul mare con gli amici, locali notturni dove si ride e si scherza, abiti incredibili per travestirsi, una villa con la piscina e il muro alto, affinché la realtà non possa entrare. Io voglio i soldi per scappare da questa morsa. Voglio essere ricca per andare più lontano dalla realtà”.

Io ho cercato di replicare, di difendere la vita per quello che è, con le sue pene e le sue meraviglie autentiche, dunque necessarie per comprendere meglio chi siamo, cosa vogliamo, dove ci dirigiamo.

“Tutte chiacchiere, professore, tutte bugie. Oggi la realtà non piace a nessuno, neanche a lei che scrive romanzi o poesie. Neanche lei, come tutti gli artisti grandi o piccini, ama la realtà, altrimenti non avrebbe passato tanti anni in mondi paralleli, che non si incrociano mai con le cose pesanti della vita. Mio padre ha obbedito alla realtà, perché non poteva fare altrimenti, perché è un poveraccio. Ma se avesse potuto sarebbe fuggito anche lui, e un po’ ci prova ancora. La domenica va in chiesa, prega Dio, s’inventa per due ore un cinema marziano e ci si ripara dentro. Oppure guarda la televisione fino a stordirsi, quando può. Mia madre beve per non pensare. Ognuno cerca una scappatoia dalla pesantezza della realtà, dai debiti, dalle malattie, dai turni di lavoro. E i soldi sono la stessa cosa, ma molto meglio. Chi è carico di soldi può fregarsene di tutto. Per questo piacciono tanto a noi ragazzi, non l’ha capito? Perchè noi non vogliamo più scendere a patti con le cose reali, vogliamo vivere il più possibile dentro una bella finzione, come quelli che recitano a teatro. Che dovremmo fare, altrimenti? Lottare per cinquanta euro in più, sbatterci nella politica per avere un’altra briciola di pane secco? Per carità. I soldi sono esattamente uguali ai sogni, ma durano di più e portano più lontano. Lo so, noi che abitiamo in periferia, che siamo figli di disgraziati, tanti soldi non ne avremo mai. Però finché ho diciassette anni ci voglio sperare. Voglio augurarmi tutto il bene possibile. E tutto il bene possibile è stare fuori dalla realtà, fuori dallo schifo, dalle guerre, dalla miseria, dalla sconfitta. I soldi sono come Dio e come l’arte, anche meglio. Portano in fretta altrove. E io voglio stare lassù, felice e indifferente”.

Poveri gli ultimi, allora, perché solo loro è il regno della realtà. Bisogna mettersi seriamente al lavoro per aggiustarla meglio possibile, questa realtà italiana, per renderla vivibile, apprezzabile, addirittura amabile. E’ un’impresa improba, ma bisogna riparare subito le falle: la nave è già inclinata e le poche scialuppe di salvataggio sono tutte piene, di ricchi o di spaesate illusioni.

Senza parole? A cosa vi fa pensare…


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