Ventidue novembre 1963: giusto cinquant’anni fa si verificò il terribile attentato di Dallas, nel quale perse la vita il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. Chiunque oltre l’Atlantico ricorda perfettamente quella data, dov’era e che cosa faceva nel momento in cui apprese la tragica notizia. A sottolineare ulteriormente l’importanza di quell’episodio chiave del secondo dopoguerra è stato un romanzo di Stephen King uscito un paio d’anni fa, e intitolato proprio 22/11/’63 (edito in Italia da Sperling & Kupfer).
L’ho letto e apprezzato ormai da tempo, ma oggi mi è tornato alla mente, e immagino non per caso. Vi si narra la storia di Jake Epping, 35enne professore di inglese al liceo di Lisbon Falls, nel Maine, il quale viene messo a conoscenza dal suo amico Al, proprietario di una tavola calda, di un fatto incredibile. Nel negozio, infatti, è localizzato un passaggio spazio-temporale che conduce direttamente negli stessi luoghi del 1958, ossia cinque anni prima della morte di JFK. Al, impossibilitato a farlo direttamente, propone a Jake di tornare indietro nel passato, e trascorrervi cinque anni, fino proprio ad arrivare a quel 22 novembre del 1963, escogitando così un piano per salvare Kennedy e dare al mondo un futuro migliore. Jake, tra mille ovvie titubanze, accetta, e la sua vita di colpo si sposterà in una realtà diversa, oltre mezzo secolo prima.
Messa così, viene naturale l’accostamento alla fantastica saga di Ritorno al Futuro, e in effetti qualche richiamo c’è, come l’immersione nella particolare atmosfera della provincia americana di fine anni Cinquanta e inizio Sessanta (nel film di Zemeckis si tornava nel 1955), amatissima anche dalle nostre parti grazie a fortunate produzioni come Happy Days. Il protagonista si trova però in una situazione ben diversa da quella di Marty McFly: è conscio dell’obiettivo a lungo termine e deciso quindi a costruirsi pian piano un’esistenza in quel mondo che conosceva solo attraverso immagini e filmati d’epoca, ma senza creare squilibri.
Mi fermo qui per non sciuparvi il gusto della lettura, ma il romanzo prenderà pieghe diverse, evolvendo pian piano verso altri temi. Il clima thriller di fondo resterà, ma verranno trattate con assoluta maestria tematiche più profonde e il centro della narrazione si sposterà più verso una bellissima storia d’amore, e di vita. Un libro che mi è piaciuto molto, e lo dice uno che apprezza l’autore anche per altre sue opere (Stagioni diverse, per dirne una), ma non è mai stato contagiato fino in fondo dalla Kingmania. Qui, però, a mio parere, lo scrittore di Portland ha realizzato uno dei suoi libri migliori e più sentiti, reso indimenticabile da uno splendido finale. E allora, giù il cappello con sincerità.