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Jiang Hu – Life on the Road

Creato il 07 dicembre 2010 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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La traduzione letterale di Jiāng Hú (江湖) è “fiume e lago”, ma in cinese significa anche “il mondo fuori-casa”, oppure “sulla strada”. Il film segue il tour di una piccola compagnia teatrale di provincia, composta dall’impresario Old Liu, i suoi due figli, le loro fidanzate, nonché da vari giovani più o meno disperati. Tutti assieme partono alla volta delle grandi città, nella speranza di cambiare le proprie condizioni materiali di esistenza. Purtroppo ricevono soltanto rifiuti e sono costretti a rimanere confinati oltre il ciglio della modernità, del benessere e della felicità…

Inserito nella bella rassegna DetourOnTheRoad (20-28 novembre 2010), che si è tenuta presso il celebre cineclub romano Detour – famoso per l’attenzione che rivolge ormai da anni verso tutta la cinematografia orientale – questo film si attesta come un momento di straordinaria importanza per avere un’idea ben precisa di quella che era la Cina prima delle Olimpiadi e dell’Expo internazionale. Sarebbe a dire, che la pellicola di Wu Wenguang si colloca in un momento storico della “Terra di Mezzo”, in cui è già palese l’abbandono pressoché totale di ogni visione e aspirazione politica da parte della popolazione, ma nel contempo la Cina è ancora per la stragrande maggioranza un paese chiuso e arretrato. Dunque, lontano dall’essere quel centro mondiale dello sviluppo, non solo economico, ma anche di tendenza, che è oggi.

Il documentario ricerca la verità, senza la minima pretesa di una qualche composizione filmica né formale. Si rappresenta la crudezza della situazione, senza badare a logiche narrative. Non esiste un vero inizio e  fine nella storia, abbiamo infatti a che fare con la più perfetta tranche de vie che si possa immaginare.

Preziosissima è inoltre la rappresentazione dei costumi più intimi dei cinesi, con i lori sputi, gargarismi e modi che a noi risultano orripilanti, ma che dovremmo invece interpretare come una particolare forma di socializzazione, tipica di una civiltà ultra millenaria. Tuttavia, l’elemento più importante che si palesa con assoluta chiarezza in Jiāng Hú è la totale assenza di una sfera privata nella vita dei cinesi. Costoro sono capaci di vivere con nulla o quasi, al freddo e con un’igiene che farebbe rabbrividire la maggior parte degli occidentali e il tutto in comunione con gli altri, mostrandosi in mutande mentre ci si lava i denti, donne e uomini nel medesimo spazio, condividendo la stessa tenda, come nel voler ribadire la vecchia metafora che il circo altro non è che una delle più crudeli e forti rappresentazioni della vita.

Questo documentario chiarisce inoltre quanto la proverbiale chiassosità dei cinesi sia alla fine un modo tutto loro per ‘stare insieme’, come lo è   del resto quella di dividersi le pietanze su tavoli che a fine pasto sembrano spesso reduci da una qualche forma di guerra culinaria. Pare proprio che tutta la loro cultura popolare tenda ad abbattere quasi ogni tipo di filtro affettivo, onde creare un forte senso comunitario.

Jiāng Hú è un film che dovrebbe essere visto da tutti coloro che hanno interesse ad approfondire una lettura “intima” del popolo cinese di oggi.  Una nazione-comunità, questa è in fondo la Cina, che a noi appare giorno dopo giorno sempre più crudele e minacciosa. Ciononostante, quello che forse temiamo è che, parafrasando il colonnello Kurtz di Apocalypse Now (1979): “Loro non sono mostri, ma persone che amano, soffrono, eppure hanno la forza di fare questo…ecco perché sono più forti di noi”. In Occidente, per esorcizzare le nostre debolezze, scambiamo con troppa facilità la forza per crudeltà; l’appiattimento dell’Io per quello che è invece uno sbalorditivo spirito di gruppo.

Riccardo Rosati


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