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Ken Loach e la sua Irlanda sono una cosa sola, ormai.
E dopo la parentesi da commedia (seppur venata di impegno) de La parte degli angeli, torna a raccontarcela nella sua storia, nella sua lotta per l'indipendenza, nei suoi uomini simbolo.
Scegliendo James Gralton.
Un uomo qualunque, a prima vista, convinto dei suoi ideali, ateo, e per questo tacciato di comunismo e anche per questo mandato in esilio. Ma la colpa di Jimmy è prima di tutto quella di aver aperto una sala ricreativa, aver costruito su terre non sue un luogo dove la popolazione di uno sperduto villaggio nelle immense distese verdi d'Irlanda potesse trovarsi, la sera e nei weekend, e ballare, imparare a dipingere, a tirare di boxe, a leggere e a bere, anche... insomma, una sala ricreativa come tante, a cui oggi si sono sostituiti bar e oratori.
Nel 1921, però, questo non si poteva fare. A decidere cosa fosse giusto o sbagliato era il prete del paese, che vede nel ballo il demonio che tenta i più giovani, nella musica jazz che arriva d'oltreoceano un suono capace di oscurare la tradizione, nella boxe l'affinamento alla lotta e nei libri, non passati sotto il suo visto, la possibilità di fuorviare i suoi devoti cristiani.
Neanche fossimo in Footloose, Padre Sheridan inizia la sua battaglia contro la Jimmy's Hall, ora come 10 anni prima.
Perchè, già, la lunga battaglia al divertimento e all'istruzione di Jimmy è già stata fermata una volta, quando assieme ai suoi amici si è visto ostacolato e battuto, si è visto costretto a rifugiarsi in America, a New York, abbandonando la famiglia e l'amore.
Ora però è tornato, dopo un decennio, ma in pace non sa stare, sono cresciuti i figli, la nuova generazione chiede, ha bisogno di un luogo di ritrovo e Jimmy ce l'ha ancora la voglia di riaprirlo e di combattere per questo.
Allo stesso modo, padre Sheridan ce l'ha con lui, ossessionato dalla sua figura emblematica, tenta con tutti i suoi mezzi di ostacolarlo, predicando e accusando le famiglie che frequentano il luogo, innalzando i toni e inasprendo gli animi, che, va da sé, esploderanno nella violenza.
Come in una sineddoche, Loach fa di una persona un fascio, fa della lotta alla libertà (di espressione, di divertimento, di progresso) quello di un'intera nazione, divisa prima di tutto al suo interno.
Attraverso la breve parabola di Jimmy, durata sì 10 anni, ma passata per sconfitte, ci mostra la tenacia e la speranza.
Tutto bene, quindi?
Nì, perchè quello che davvero manca a questo racconto è la sostanza.
Passando sopra all'insensatezza che una lotta simile, che le parole di un prete più ossessionato che convinto della sua battaglia hanno, a Jimmy manca la solidità, manca la base che un passato raccontato per flashback non ha.
Ad importare al pubblico, infatti, è forse più il suo amore travagliato con Oonagh che la sua lotta idealistica, ed è un tutto dire per un film volutamente impegnato sia a livello storico che civile.
La visione scorre così piacevole senza mai scavare davvero a fondo, con interpretazioni calibrate e paesaggi da favola che ci riportano in quegli anni purtroppo non spensierati, ma così verdi e così naturali, in cui anche se una battaglia veniva persa, quello che era sicuro, è che nuovi semi, nuove generazioni, avrebbero solcato quei campi.
Che ci guardano, in un fermo immagine dal sottofondo volutamente commovente, e fin troppo buonista.
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