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TAXI DRIVER (id., USA 1976) di Martin Scorsese
Dodici anni (all'epoca delle riprese), già quattordici film alle spalle e un carattere d'acciaio (forgiato da un'infanzia trascorsa in modo non proprio... ordinario). Logico che la piccola Jodie, alla richiesta della madre di farla seguire da uno psicologo durante le riprese, abbia risposto candidamente "So distinguere benissimo la realtà dalla finzione". C'erano dubbi? Non per Martin Scorsese, che la volle a tutti i costi per quello che, a tutt'oggi, è ancora considerato il suo capolavoro. Un film-manifesto, simbolo della fine di un'epoca (quella del Sogno Americano) e della perdita dell'innocenza di una nazione intera che, all'indomani del Vietnam, si scopriva inopinatamente fragile e inquieta.
Taxi Driver è la cronaca di una sconfitta, di una società che si rivela improvvisamente ostile e abietta, popolata di persone che non si conoscono, non si parlano, non vivono. Ci sono candidati alle elezioni che non capiscono nulla, uomini d'affari che spiano le loro mogli fedifraghe, donne senza morale e donne sfruttate, schiave e peccatrici, spesso entrambe le cose. Feccia, nient'altro che feccia.
In questo contesto Travis Bickle appare come la variabile impazzita, uno che sa di aver perso ma che non rinuncia a volere un mondo migliore. Forse, magari, per il semplice fatto di non riuscire a dormire. E' l'emblema della solitudine, dello spaesamento, dell'incapacità degli uomini di capire e di capirsi. Vaga in giro per la notte col suo taxi, semplicemente per sopravvivere, per stare al mondo, l'unico che conosce ma non l'unico possibile. Il suo personaggio ci ricorda un celebre racconto di E.A. Poe, 'L'uomo della folla', dove il protagonista si addentrava solitario in mezzo alla gente, semplicemente per non ascoltare il rumore del silenzio.
Ed ecco, allora, che la giovane prostituta Easy è allo stesso momento simbolo di deriva e di redenzione, di ingenuità e maturità precoce, di sacro e profano. Gli occhi della piccola Jodie sono quelli di chi, a dodici anni, hanno già visto tanto... cinema nel cinema, non troppo diverso, poi, dalla vita.
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