John Carter, cercatore d’oro ed ex soldato sudista, fuggendo dagli indiani e dall’esercito statunitense incappa in una figura misteriosa, uccisa la quale viene involontariamente teletrasportato su Marte, dove la diversa gravità gli conferisce forza e agilità superiori a tutte le diverse specie abitanti il pianeta. Subito coinvolto nelle lotte tra tribù per la supremazia, a causa dell’inconsapevole salvataggio della principessa del regno di Helium, l’alieno provenuto dalla Terra riuscirà a tornare sul pianeta d’origine solo quando il suo desiderio sarà diventato rimanere sul pianeta rosso.
C’è una frase che, per prudenza, dovrebbe campeggiare sulla locandina di questo film: «Dimenticate tutto quello che sapete di John Carter». Il nuovo kolossal targato Disney, infatti, è ispirato a una storica serie di romanzi di fantascienza, pubblicati cento anni fa (la prima storia risale proprio al 1912) a firma Edgar Rice Burroughs – alias l’inventore di Tarzan –, ma se dovessimo valutare John Carter basandoci su quei libri potremmo chiudere qui la recensione con una stroncatura netta e passare oltre. Commettendo un errore marchiano.
La carne al fuoco è tanta, e Stanton decide di cuocerla a fuoco lento: oltre due ore di film in cui John Carter, eroe a petto nudo con la faccia da fotomodello di Taylor Kitsch (fu Gambit in X-Men: Le origini – Wolverine), viaggia di città in città e di galera in galera, saltando edifici e trovando anche il tempo di innamorarsi della principessaDejah (Lynn Collins, anche lei reduce da Wolverine, dove era la “moglie del soldato” Kayla Silver Fox). In ultima analisi è la loro storia d’amore che muove ogni evento del film, di fatto scritto e strutturato come un fantasy degli anni ’80, tra guerre, profezie e un gruppo di misteriosi esseri che governano il destino dell’universo.
Nonostante il tradimento del materiale originale mi sento di consigliare questo film, soprattutto per le scene mozzafiato che vi accompagneranno in queste due ore di pellicola.
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