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Ambientato tra gli Stati Uniti d’America della seconda metà dell’Ottocento e Marte, John Carter racconta le incredibili vicende dell’omonimo personaggio protagonista (Taylor Kitsch), un tormentato veterano della guerra di secessione il quale, mentre scappa dagli indiani e dallo stesso esercito statunitense che lo insegue dopo la fuga di prigione, si ritrova improvvisamente e suo malgrado sul pianeta rosso. Anche qui, si troverà coinvolto in una tumultuosa e sanguinolenta guerra civile, tra vari temibili nemici da affrontare e qualche valido alleato. Naturalmente, si innamorerà di una bella principessa (Lynn Collins).Per quanto la fantasiosa trama possa apparire sulla carta stimolante (del resto il racconto di Borroughs ha segnato l’immaginario popolare di inizio Novecento e non solo, condizionando i successivi sviluppi del genere fantastico-fantascientifico), il film è alla resa dei conti un blockbuster piuttosto fracassone e disordinato, con un budget monstre di 250 dollari ma incapace di coinvolgere o emozionare chi guarda. Gli eventi marziani si susseguono frenetici e la superficiale sceneggiatura firmata dallo stesso Stanton con Mark Andrews e Michael Chabon non si rivela affatto in grado di mettere lo spettatore nelle condizioni di entrare davvero in empatia con alcuno dei personaggi principali. Anche se sono presenti alcune sequenze di un certo impatto (vedi ad esempio il montaggio alternato con cui vengono presentati i funesti ricordi terrestri di Carter e la feroce, iperbolica lotta contro una delle razze marziane) e taluni momenti di alleggerimento comico strappano qua e là qualche sorriso, le due ore e dieci di proiezione scorrono piuttosto lentamente e il sentimento di fondo che sostanzialmente prevale è la noia. L’uso del 3D, poi, è del tutto privo di interesse e non aggiunge assolutamente nulla alla classica visione bidimensionale che non necessita degli occhialetti.Tra rimandi più o meno espliciti a tutta una serie di gradi avventure cinematografiche come Indiana Jones, Guerre Stellari, Il gladiatore fino anche al più recente Avatar, il film non dimostra di avere una propria vera identità e la narrazione si trascina stancamente fino a un finale che lascia inequivocabilmente aperte le porte al sequel, potenzialmente ben più d’uno dal momento che gli episodi letterari di Borroughs dedicati al cosiddetto Ciclo di Marte superano la doppia cifra. A questo punto, non resta davvero che sperare che il film di Stanton non si riveli un successo al botteghino.
Articolo pubblicato su cinemartmagazine
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