Magazine Cinema
La trama (con parole mie): John Rambo vive ormai da anni nel cuore della Thailandia, guadagnandosi il pane come barcaiolo e cacciatore di serpenti, dimenticato dal mondo dal quale si è allontanato come in una sorta di esilio. Quando un gruppo di volontari cattolici lo convince ad accompagnarli oltre il confine, nel cuore della Birmania dilaniata dalla guerra civile, l'ex soldato si troverà ad affrontare i fantasmi della sua vecchia esistenza: e proprio quando quelle visioni parranno chiamarlo ancora più forte, la notizia del rapimento degli stessi volontari lo porterà, al seguito di un gruppo di mercenari, di nuovo al centro dell'azione, pronto a prendere una decisione rispetto al suo futuro riflettendo tra un massacro e l'altro delle spietate milizie birmane.
Siamo dunque giunti all'ultimo capitolo della memorabile quanto trash saga di Rambo, dopo Rocky il personaggio di maggior successo portato sullo schermo dal mitico Sly, che per l'occasione - come fu per l'ottimo Rocky Balboa a chiudere il ciclo dedicato allo Stallone italiano - si prodiga da entrambi i lati della macchina da presa in una produzione che fu difficoltosa sia per gli inconvenienti tecnici - piogge e clima sfavorevole in Thailandia - che per l'organizzazione - una troupe gigantesca e multietnica -: il risultato è certamente meno efficace di quello dedicato alle gesta del pugile di Philadelphia, funzionale a livello tecnico - decisamente superiore, sia per regia che per fotografia e montaggio, al secondo e al terzo capitolo della sua avventura cinematografica - eppure privo dell'ironia che avrebbe caratterizzato il successivo supercult The Expendables, finendo per attestarsi a metà strada tra il trash di culto ed un tentativo più autoriale di tornare alle origini del personaggio.Le responsabilità della mancata riuscita dell'operazione sono da imputare principalmente ad una sceneggiatura elementare quanto quelle dei due film precedenti priva però del mordente necessario a sopperire ai suoi limiti soprattutto nella prima parte, decisamente televisiva in quanto a qualità soprattutto per quanto riguarda, per l'appunto, lo script: con il rapimento dei volontari, però, la pellicola cambia marcia, liberando una violenza spropositata - in questo senso, molto coraggioso Stallone a mostrare senza troppe cerimonie anche le esecuzioni dei bambini o dei malati -, i fantasmi del protagonista - ho molto apprezzato la sequenza onirica, simile a quella che risvegliò Rocky durante la rissa al termine del quinto capitolo della sua storia - ed un crescendo che porta in dono allo spettatore un vero e proprio massacro operato dal Nostro ai danni delle milizie birmane da far sembrare tutte le precedenti battaglie di Rambo una partita di volano tra signore di mezza età impegnate nella merenda ed il the pomeridiani.Anche questa volta il reduce del Vietnam confeziona la sua frase di culto pronta ad essere ricordata in eterno dai suoi fan - "Vivere per niente, o morire per qualcosa", mitico -, e c'è spazio, nel finale, anche per un momento clamorosamente in equilibrio tra il trash più clamoroso ed il commovente, quando il vecchio John, definitivamente - chissà? - messi da parte i suoi demoni, fa ritorno negli States vestito quasi come all'inizio del primo film, giungendo di fronte al ranch dove nacque, nella speranza di ritrovare suo padre, unico legame rimasto con il Paese per il quale ha sempre combattuto.Prima, però, che la commozione tocchi il cuore di ogni fan di Sly che si rispetti, c'è spazio per un momento di ilarità pura, legato ad un avvenimento di quelli più unici che rari nel mondo del Cinema: l'incontro mai più ripetuto del parrucchino di Nicholas Cage - eccezionalmente in prestito al buon Sylvester - ed il labbro di Stallone.Una sequenza dunque in grado di fare Storia anche senza contare la malinconica camminata verso casa che vede lasciare il grande schermo uno degli eroi più importanti del Cinema action di tutti i tempi, capace di regalare sogni e fior di nemici sbaragliati come se niente fosse ad almeno due generazioni di spettatori - anche lui, come Rocky, a testa alta -.Dimenticato dall'elite della settima arte, dai radical chic, da Dio e da chissà chi altro, Rambo resta un vero e proprio mito per tutti quelli che l'hanno saputo apprezzare per quello che era senza mai davvero dimenticarlo, rendendo di fatto possibile la sua esistenza da sempre negata - prima come riflessione sociale, dunque come ironico tormentone - che lo portò a combattere per la prima volta, trent'anni fa e più, di ritorno da una guerra che l'avrebbe cambiato per sempre.
MrFord
"It's been so long since I've been gone
another day here might be too long for me
I've travelled around and I've had my fill
of broken dreams and dirty deals
a concrete jungle surrounding me
many nights I've slept out in the streets
I paid my dues and I changed my style
seen hard times ... over now."
Lynyrd Skynyrd - "Comin' home" -
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