Un piccolo ma significativo saggio di John Taylor sulla poesia di Ghérasim Luca. John Taylor è uno scrittore, critico e traduttore americano che ha vissuto a lungo in Francia. E' autore di Paths to Contemporary French Literature, in tre volumi, e di Into the Heart of European Poetry, tutti pubblicati da Transaction. Ha inoltre scritto sette libri di narrativa, racconti e poesia, gli ultimi dei quali sono The Apocalypse Tapestries (Xenos Books), Now the Summer Came to Pass (Xenos Books), and If Night is Falling (Bitter Oleander Press). Il primo è stato tradotto in italiano da Marco Morello con il titolo Gli Arazzi dell'apocalisse (Hebenon). Taylor ha spesso tradotto importanti selezioni di poesia e prosa poetica dei principali autori francesi, ma ama cimentarsi anche con l'italiano. Qui su IE sue traduzioni di Lorenzo Calogero.
Il saggio è un'ottima occasione, per chi non lo conoscesse, per avvicinare il lavoro di Luca. Testi di G. Luca possono essere letti QUI, oltre che sul blog "Anfratture"
di A. Riponi, che ha curato e tradotto, in collaborazione con me e
R.R.Florit, "La fine del mondo", l'unica antologia di scritti di Luca attualmente pubblicata
in Italia (Ed. Joker).
Nella foto, una delle "cubomanie" di G.Luca ("Indocina", 1960, collage su legno) - clicca sull'immagine per ingrandire.
Ghérasim Luca, un serissimo gioco di parole
Molti di noi sentirono parlare per la prima
volta del poeta Ghérasim Luca (1913-1994) da Gilles Deleuze. Il defunto
filosofo francese affermava nel suo libro Dialogues (1977) che
il poco noto scrittore francese di origini rumene era niente di meno che
"un gran poeta tra i più grandi". Questa lode, provenendo da un
pensatore di tale valore, spinse nuovi lettori ad avvicinare la
provocatoria opera di Luca, che all'epoca era pubblicato in edizioni da
bibliofili a tiratura limitata. Più tardi, quando la prosa e la poesia
di Luca divennero più disponibili nei tardi anni '80 e nei successivi
'90 - in attraenti e scrupolosamente curati volumi (una decina nel
periodo) pubblicati dalle Edizioni José Corti - nessuno poté più
ignorare questo surrealista rumeno che si era stabilito definitivamente a
Parigi dal 1952 e aveva già adottato - con il suo libro Le Vampire passif (1945) - il francese come lingua letteraria.
Un écorché vif, come questi artisti
creativi e tormentati erano chiamati (erano stati "scorticati vivi"), Luca
impresse a fuoco il suo marchio sulla moderna poesia francese con i
mezzi di una feroce irriverenza, di una sfida intellettuale, una
originalità formale, così come, in particolare, con bizzarri giochi di
parole e polisemici "balbettii". I torvi, lascivi, ossessionati dalla
morte scritti di Luca disorientano, indignano, e inducono al riso; essi
possono anche sfidare o confondere, come nelle lettere, quotidiane e non
firmate, che egli una volta scrisse, e mandò realmente a un amico,
indirizzate a un fantomatico "Monsieur" - vedi Levée d’écrou
(2003) - scelto a caso. In breve, le poesie e i testi in prosa di Luca
sono tanto giocosi e illuminanti quanto essi sono bizzarri e
inquietanti.
Alla stregua del commediografo Eugène Ionesco
(1912-1994) e del saggista E. M. Cioran (1911-1995), egli è stato il
terzo rumeno in un trio che ha contribuito tanto in maniera brillante
quanto eccentrica alla letteratura francese del XX secolo. (Potremmo
aggiungere anche un quarto rumeno francofono della precedente
generazione, il poeta e filosofo Benjamin Fondane [1898-1944].) Nato da
famiglia ebraica a Bucarest e diventato brutalmente assai presto un
orfano di guerra (suo padre venne ucciso nella Prima Guerra Mondiale),
Salman Locker - il suo vero nome - divenne Ghérasim Luca molto più tardi
e solo per caso. Quando il suo primo lavoro stava per uscire in una
rivista letteraria di Bucarest, un amico suggerì "Gherasim Luca" come
pseudonimo. Locker inserì il nome d'arte, poi venne a sapere che il
suo amico si era semplicemente imbattuto nel nome in un necrologio. Il
defunto "Gherasim Luca" era descritto come "Archimandrita del Monte
Athos e linguista emerito".
Fu così lanciata la carriera di scrittore di
Locker-Luca, sotto il segno della morte, della falsa identità, di
emigrazione, solitudine, metafisica, linguaggi stranieri, coincidenze, e
caso. Questa incertezza del nome e la fragilità dell'individualità
furono presto composte. Luca fece in modo di sopravvivere alla Seconda
Guerra Mondiale, mentre sei milioni di ebrei europei venivano
sterminati. Come il suo intimo amico, il poeta rumeno di lingua tedesca
Paul Celan, Luca sarebbe stato ossessionato dalla sua miracolosa fortuna
e avrebbe in seguito sempre combattuto con il dilemma dello "scrivere
poesia dopo Auschwitz".
Questa difficile situazione, che include la
corruzione del linguaggio operata dall'ideologia nazista, certamente
conforma la crescente inclinazione di Luca, dopo la guerra, per il gioco
di parole. (Un analogo caso è quello di Georges Perec). Una nota
rivelatrice della sua persistente insicurezza esistenziale è che il suo
nome di battesimo ufficiale aveva tre diverse grafie (Salman, Solman,
Zolman) e che Ghérasim aveva a volte un accento acuto, a volte no. In Un loup à travers une loupe
(1998), una serie di testi in prosa scritti in rumeno nel 1942 poi
tradotti dall'autore in francese, Luca afferma con una battuta che "solo
una tazza da caffè o forse un'anguria - e comunque dovrebbero essere
particolarmente inclini alle allucinazioni - potrebbero osare di trovare
punti in comune tra me e il mondo".
Proprio come tutti noi, Luca era
necessariamente imprigionato nel mondo. In rivolta contro questa
tutta-troppo-umana condizione, egli asseriva che era solo usando
l'assurdo nella scrittura che avrebbe potuto sfuggire all'assurdità. Da
ciò i numerosi giochi di parole, che squartano la logica normale perché
richiedono una lettura in opposte direzioni allo stesso tempo. Un
esempio relativamente semplice da sezionare si trova in Paralipomènes
(1986), in cui una poesia contiene il distico: “lit légal contraire à
la loi / lit moral contraire à la morale". A prima vista, i versi
osservano comicamente che un "letto legale [è] contrario alla legge /
[un] letto morale [è] contrario alla morale". Ma dopo aver letto il
distico a voce alta, uno scopre che i versi contemporaneamente
invertiscono la logica: l'illegalità è "contraria alla legge" mentre
l'immoralità è "contraria alla moralità".
Luca continua il gioco con “lit réel”, che
significa "letto reale" ma anche “l’irréel", "l'irreale". Pensiamo poi a
“lit-monde”, “lit-tige”, “lit-dé”, e “lit-mage.”. Il poeta termina con
il quasi infantile “lit-lit mi-table” (cioè “letto-letto-mezza tavola”) e
il surreale “lits sans cieux”, "letti senza cielo". Ma quando li
leggiamo insieme, questa parole composte significano anche
"l'illimitabile licenzioso", una conclusione che richiama anche l'eros
senza regole che Luca loda. Egli chiamava questo stile giocoso "parlare
per lapsus linguae", "parlant en lapsus linguae", e argomentava che -
come nel caso dell'endemica assurdità del mondo - uno potrebbe tentare
di "uscire" dalla mentalmente debilitante camicia di forza del
linguaggio solo per mezzo della pratica coscienziosa del lapsus linguae, per non dimenticare il lapsus vitae ("On s’en sort par lapsus linguae / par lapsus vitae / par lapsus linguae / par lapsus vitae, on s’en sort").
In Luca, questo serissimo giocare con le
parole implica inoltre il più rischioso "gioco della vita", una
disperata ricerca di una ricca, profonda, salvatrice "vera vita" che è
assente da ciò che chiamiamo le nostre "vite". Il suo doppio senso lo
rende capace di essere davvero ridicolo a un livello, allo stesso tempo
struggentemente anelante, a un altro livello, a questa vita genuina che
non può essere recuperata o raggiunta. Luca apprezza un humor
patibolare. In Théâtre de bouche (1987), un protagonista
annuncia: “Être nez / c’est humer / s’inhumer", "esser naso / è inalare /
s'inumare". Tuttavia in mezzo all'ilare macabro scherzo, la sua
ricorrente idea di una "vita assente" spinge alla meditazione. Nel testo
di apertura di Un loup à travers une loupe, per esempio, l'
"audace, virile, di bell'aspetto", ma anche "smarrito" narratore
"tracanna", come Luca riferisce, "la magnifica bevanda avvelenata che è
la nostra vita assente" ("...audacieux et viril, beau, égaré, en buvant à
pleine bouche le magnifique breuvage empoisonné qu’est notre vie
absente"). Una poesia in Le Chant de la carpe (1986) similmente
tratteggia corpi che mimano "la vita sorda / o assente / d'una
qualsiasi parola" ("nos corps miment la vie sourde / ou absente / de
n’importe quel mot"). In Paralipomènes, Luca riassume questo
permanente senso di perdita con una risonante domanda: "Uomo, che vuoto
sei tu?" ("Homme quel vide es-tu ?").
Sebbene egli di solito rimanga oscuramente
pessimista, perfino radicalmente nihilista, Luca talvolta sorprende
offrendo bagliori di speranza. Bagliori che sono certamente deboli ed
effimeri, ma possono sorgere anche quando egli contempla la possibile
estinzione dell'umanità in una guerra nucleare - un timore che era
particolarmente diffuso tra gli europei negli anni '80. In La Proie s’ombre
(1991), Luca annota che "si suona a porte / condannate / mentre la
porta d'ingresso / sbatte e resta ignorata" ("...l’on sonne à des portes
/ condamnées / alors que la porte d’entrée / reste ignorée et
battante")
Cos'è questa trascurata porta principale? Spesso Luca la mostra che si apre sull'amore assoluto, il convulso amour fou che
i surrealisti francesi peroravano. Cercare a tentoni questa porta
d'ingresso di esaltato, estatico amore - vedendo, nella nostra cecità,
ciò che è ovvio - costituisce l'ultima speranza rimasta all'umanità.
Luca già rifletteva in Un loup à travers une loupe che "tra una
vita e una morte apparenti, non è forse l'amore la sola certezza?"
("Entre une vie et une mort apparentes, l’amour ne serait-il pas la
seule certitude ?") In La Proie s’ombre, egli distribuisce una
adamantina dichiarazione attraverso nove pagine (tre della quali
lasciate in bianco) e in lettere maiuscole: “LA POÉSIE / SANS LANGUE /
LA RÉVOLUTION / SANS PERSONNE / L’AMOUR / SANS FIN". Nell'edizione
Corti, le parole anzi diventano più grandi sulla pagina man mano che si
arriva a "L'AMORE / SENZA FINE".
Non sorprendentemente, la più commovente
delle poesie di Luca è un lungo erotico canto intitolato "La fine del
mondo". Egli inventa verbi suggestivi da nomi e aggettivi: "Io t'illuno /
tu m'innuvoli / tu mi marèlevi / io ti trasparento / tu mi penombri /
tu mi traslucidi..." ("Je te lune / tu me nuage / tu me marée haute / Je
te transparente / tu me pénombre / tu me translucide..."). In maniera
caratteristica, il titolo apocalittico assume un doppio significato man
mano che il poemetto progredisce verso un crescendo che coinvolge
l'iride...
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Oltre a Ghérasim Luca l’intempestif (1998) di Dominique Carlat e Passio Passionnément (2001) di André Velter, un eccellente studio critico è stato scritto da Petre Raileanu. Il suo Gherasim Luca (2004) si appunta per primo sugli anni '30 e '40, un periodo storico durante il quale Luca partecipò alla costituzione del movimento surrealista rumeno e in rumeno scrisse i suoi primi libri. Raileanu traduce e analizza passaggi tratti da questi primi scritti (che non sono stati ancora interamente pubblicati in francese) e fornisce una quantità di informazioni su altri importanti surrealisti rumeni. Il critico riempie il background delle idee di Luca, che arriveranno alla maturità nei suoi scritti in francese del dopoguerra. Raileanu inoltre puntualizza un notevole numero di inattesi riferimenti ad antichi filosofi greci - da Platone e Pitagora - nella poesia di Luca.
-John Taylor-
(trad. G. Cerrai, comprese le versioni di brani di G.Luca)
Questo saggio è incluso in Paths to Contemporary French Literature, volume 2, New Brunswick, New Jersey / London: Transaction Publishers, 2007, pp. 34-37. (http://www.transactionpub.com/title/-978-0-7658-0370-2.html)