Magazine Cinema
di Leitch e Stahelskiche
con Keanu Reeves, William Dafoe
genere, drammatico
Usa, 2014
Da sempre il cinema come veicolo di propaganda trova nei prodotti hollywoodiani la sua versione più efficace. Una caratteristica che diventa tanto più esplicita quanto maggiore e' il bisogno di vendere al mondo simulacri di nuove inimicizie; che mai, come in quest'ultimo periodo, sembrano coincidere con il modello applicato ai tempi della guerra fredda, ed in particolare con lo spauracchio del nemico comunista, prima dimenticato, grazie al muro di Berlino, e ora tornato in voga con una serie di disgrazie - non ultima quella legata alla destabilizzazione dell'Ucraina - che il cinema pop corn ha metabolizzato attraverso storie di morte e di vendetta popolate da sinistre figure, non a caso provenienti dalle terre dell'ex stato zarista.
Un' invasione reale - per il numero di film a "tema" ultimamente realizzati (da "Tokarev" con Nic Cage a "The Equalizer" con Denzel Washington) - e figurata - conseguente all'occupazione dello spazio narrativo da parte di tale progenie criminale- a cui "John Wick" appartiene di diritto, per il fatto di organizzarsi su uno schema da "delitto e castigo", innescato dalla strafottenza del rampollo di un boss della mafia russa che scatena la rivalsa del protagonista, un leggendario hitman uscito dal giro per dedicarsi alle gioie della vita familiare, sconvolta poi dalla morte dell'adorata moglie.
Se la resa dei conti assomiglia a un video game di media fattura, con lo scontro diluito in altrettante stazioni di dolore in cui gli automatismi del personaggio principale e la sua efficacia in termini di tiro a segno sembrano più il frutto di un dinamismo artificiale che umano (indicativo il montaggio che ad un certo punto associa la progressione dl Wick alla schermata di un gioco elettronico), il film lascia a desiderare anche nella costruzione del paesaggio psicologico ed emotivo. Un pò perchè la contaminazione con il noir - presente soprattutto in un'impossibilità di redenzione connessa direttamente al tema cardine del film, ovvero il legame con il passato vissuto come colpa e insieme prigione - è portata sullo schermo con immagini convenzionali e senza alcuna personalità; un pò perchè la direzione attoriale di Keanu Reeves è basata esclusivamente sull'iconografia tramandata da un film come "Matrix", gioia e delizia dell'attore americano, costretto a ripetersi tanto nell'utilizzo del corpo che in quello della maschera facciale. Sarà forse per questo che i coregisti Leitch e Stahelskiche tentano qualche alternativa con venature di umorismo nero volte più che altro a stemperare la farmacistica efficacia del mondo criminale da cui proviene il protagonista. Anche in questo caso con risultati risibili.
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