Magazine Cultura
Sembra aver toccato la verità umana come succede nella grande letteratura. È quel tipo di prosa che non vuole mostrarsi. È quel tipo di scrittura simile a una superficie di vetro, riesci a vedere immediatamente le cose di cui parla. E credo che questo sia entusiasmante di per sé.
Parla di John Williams, autore credo assai poco conosciuto in Italia, benché il suo Stoner venga considerato uno dei capolavori del Novecento e benché a proposito di un altro titolo, Butcher's crossing, qualcuno abbia scomodato persino Moby Dick.
Alla frase di McEwan sono arrivato leggendo una riflessione di Matteo Nucci sul Venerdì di Repubblica, in relazione a un altro libro di Williams, il suo Augustus, la storia dell'ascesa al potere di Ottaviano raccontata col piglio del grande narratore. Allora ho cercato su Internet e questo è quanto ho trovato.
Williams non ha scritto molto di più. Un altro titolo - Nothing but the night - può essere classificato come il suo primo insuccesso. A cui gli altri fecero seguito. Prima di morire stava lavorando a un altro manoscritto - The sleep of reason - titolo che ci sta più che bene visto l'argomento, la guerra.
Non ebbe fortuna in vita, questo figlio di contadini che arrivò a insegnare scrittura creativa nelle università americane. Per quanto mi riguarda mi sono ricordato solo ora di avere a casa un suo libro - mi ricordavo il titolo, Stoner, non l'autore. Augustus intendo comprarlo a breve. Dieci anni dopo la sua morte si comincia a parlare molto di John Williams. Strana cosa la gloria letteraria.
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