Arieccoci in questo nuovo fantasmagorico appuntamento con MANiCURE. Ovvero l’unica rubrica del Signor Ponza dove parlo dei cacchi miei spacciandoli per argomenti di interesse comune. E invece. Invece no, perché questa settimana vi renderò un servizio, un viaggio se potete farmela passare, all’interno della nuova app che sta infiammando i cuori dei single della città: Tinder. (E anche #credeghe). Già ampiamente discusso dalla collega Ilalicious qui e qui, in realtà tocca a me narrarvi ciò che è accaduto quando ho finalmente scaricato l’app.
Jonatan di Tinder, ovvero, Maria chiudi la busta!
Ultimamente mi sono dedicato molto alla socializzazione sui vari social network, specialmente quelli di genere. Di cui, a dire il vero, noi ragazze del North West Side siamo già un po’ stufe di dar ancora retta. Ma la tecnologia non si ferma, ed anche l’immaginario collettivo si evolve, per cui ci siamo ritrovati tra le mani Tinder. Che cos’è in realtà? È un’app che serve a rimorchiare. Ti mostra la foto di un ragazzo connesso nella tua stessa area o zona. Se la persona è interessante basta metterci un cuore altrimenti ci si va giù duro con una bella X.
Questa è la prima fase. Se metti il cuore, e quindi hai espresso parere positivo e anche l’altro ha fatto lo stesso, esce una scritta che ci annuncia che c’è un interesse reciproco e quindi si può chattare! E poi, evidentemente, uscire con tutto ciò che ne consegue. Be’ ecco, devo essere sincero, all’inizio non mi caricava proprio nessuno. Il mio profilo Tinder giaceva lì solo soletto relegato in chissà quale angolo del cyber spazio che avevo una depressione cosmica dal sapore nuovo. Poi qualcosa ha cominciato a muoversi. La cosa che più mi da soddisfazione è quando lascio un cuore a chi me lo ha già lasciato, i profili coincidono e si inizia a chattare. Qui, a mio avviso, si verifica il primo problema. Non si chatta, o meglio le chattate sono difficili e macchinose. Nonostante sia reciproco l’interesse le chattate su Tinder non decollano mai.
Ovviamente c’è stata un eccezione e di quella vi racconto oggi, ovvero del giovane ragazzo ex fidanzato, che chiameremo Jonatan. Abbiamo iniziato a scriverci e a raccontarci di quello di cui eravamo alla ricerca, dei nostri hobby, del nostro lavoro. Lui poco più che ventisettenne, senza lavoro, calabrese, veniva da una storia davvero bella ma con un epilogo brutto e difficile da spiegare. Non me ne voleva parlare affatto. Io non avevo neanche insistito più di tanto, sai com’è, a una certa ‘sti cazzi pure. Jonatan voleva a tutti i costi che ci vedessimo. Di lì a poco. Insomma non stava proprio rendendo giustizia a Tinder, voleva subito che ci vedessimo. Anche se mi tocca ammetterlo la differenza con Grindr e simili qual è? Nessuna. E infatti Jonatan era pronto per prendere questo caffè assieme. Tre giorni dopo, numero di giorni esiguo per instaurare un buon livello di conoscenza, ci vediamo in centro.
Effettivamente posso confermare il parere espresso in precedenza, Jonatan è carino e merita davvero. Il suo accento calabrese lo tradisce dal primo saluto, ma vabbè, a me chiunque mi scambia per napoletano e in realtà sono nato in Abruzzo. Non posso proprio parlare. Scambiamo quattro chiacchiere, solite, da manuale e ci sediamo in un caffè. Qui la cosa si fa più intensa. Lui inizia a dirmi di essere in un periodo strano della sua vita. Gli sono successe cose che non avrebbe mai pensato potessero succedergli. Io annuisco, lo vedo scosso, in realtà sembra che debba piangere da un momento all’altro. Cerco di consolarlo. Ma lui continua e mi incalza e mi dice che era fidanzato e conviveva fino ad un paio di mesi prima, ma il suo compagno è morto mentre dormiva per un malore. Io trasalisco e ci rimango malissimo. Lui piange e le lacrime gli scendono giù. Silenzio. Sonoro ed imbarazzante. Rimaniamo entrambi senza ben altro da dirci.
Passata l’enfasi decido di darci un taglio e riprendo la conversazione. Ovviamente lui mi segue poco. Mi strozzo il caffè e pago il conto con la voglia di fuggire via e non tornare mai più. In realtà lui è ancora lì e l’appuntamento non è affatto finito. Decido di proporgli una passeggiata verso Trastevere sperando che la situazione si risollevi, ma in realtà Jonatan sta ancora elaborando il lutto, non ha pienamente accettato la cosa anche se ha tutta la voglia di ricominciare da zero. Lì implode la mia voglia di sesso perenne ed esce fuori la Signora Bigotta del Centro Italia che sono. Gli sottolineo che secondo me non ha la situazione sotto controllo. Ci vuole tempo, e di tempo ne è passato poco. Che forse usare Tinder per rimorchiare qualcuno poteva essere un inizio per darsi una botta ed andare avanti, ma in realtà se poi lui si metteva a piangere vanificava tutto. Anzi, le persone sarebbero scappate tutte. E infatti io pensavo solo “Maria chiudi la busta!”. Non avevo altro da dover aggiungere a quel giovane ragazzotto del sud che tanto mi aveva fatto riflettere quel pomeriggio. Ma anche no. Visto che in realtà, come tutte le cose, si è rivelata la solita perdita di tempo featuring Annabelle Bronstein.
La morale: non c’è una morale vera e propria questa settimana. Anzi, potrei sottolineare che il dramma è sempre dietro l’angolo, e che non bisogna mai accontentare solo gli occhi. Bisogna anche accertarsi della sostanza, e nonostante i social vogliono farci credere che costituire un profilo on-line super dettagliato sia di per se utile a gettare le basi, sottolineo a gran voce che non è affatto così. Anzi. Ma le eccezioni esistono, e il giovane Jonatan è una di queste, che si è tramutato in un accollo devastante. Ma di questo ve ne parlerò in un prossimo post. Se sopravvivo.
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Il post Jonatan di Tinder, ovvero, Maria chiudi la busta!, scritto da Annabelle Bronstein, appartiene al blog Così è (se vi pare).