All’inizio, è un nulla. Un soffio appena, un brivido di squame, la carezza dell’ombra come nube marina che si sfrangia nella medusa delle braccia a raggi. Non si dirà che il mare s’è turbato e che l’onda prende forma da quel fremito. Nel dondolio del mar danzano pesci e le braccia delle alghe, serpentine, le curva la corrente, come il vento le messi della terra, il crine dei cavalli. Tra due infiniti blu s’avanza l’onda, tutta di sol coperta, risplendente, liquido corpo, instabile, d’acqua cieca. Accorre il vento da lontano e reca il polline dei fiori e altri odori della terra contigua, oscura e verde. Tuonando, l’onda rotola, e feconda si lancia verso il vento che l’attende nel letto scuro di rocce che si increspano di unghie appuntite e vite brulicanti. Ancora in alto le acque si sospendono nell’istante supremo di tanta gestazione. E quando, in un’estasi di vita che comincia, l’onda si frange e sfrangia sulle rocce, le avvolge, le cinge, le stringe e poi vi scorre – dalla spuma bianca, dal sole, dal vento che ha spirato, dai pesci, dai fiori e dal quel polline, dalle tremule alghe, dal grano, dalle braccia della medusa, dai crini dei cavalli, dal mare, dalla vita tutta, Afrodite è nata, nasce il tuo corpo.



