Magazine Palcoscenico

Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat di Webber e Rice al Teatro Menotti - MILANO - Teatro Menotti, dal 1 al 10 ottobre 2015.

Creato il 02 ottobre 2015 da Luana Savastano @VistaSulPalco

Si apre il sipario del Teatro Menotti di Milano per una nuova stagione di spettacoli che inizia all’insegna della musica e dell’energia, con il musical Joseph and the amazing technicolor dreamcoat, strepitosa prima collaborazione tra Andrew Lloyd Webber e Tim Rice.

Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat_Webber e Rice_Teatro Menotti

Lo spettacolo, diretto da Anna Zapparoli, vede protagonisti la Dual Band insieme all’Orchestra, il Coro, il Coro di voci bianche del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, e racconta una storia biblica, quella di Giuseppe e dei suoi 11 fratelli: non il padre di Gesù ma quello antico, il bisnipote di Abramo, quello di “tanto tanto tempo fa, quando la Bibbia era cominciata da poco”. Una storia a lieto fine che contiene e sviluppa il tema di Expo 2015, “feeding the planet”.

Protagonista è l’adolescente Giuseppe che gli 11 fratelli cercano di uccidere, invidiosi di una tunica multicolore che il padre ha regalato al ragazzo. Attraverso vicissitudini dolorose, Giuseppe giunge a conoscere il Faraone d’Egitto, afflitto da ripetuti incubi: sette vacche grasse e sette vacche magre ossessiano le sue notti. Il giovane Giuseppe riesce a interpretare i sogni del Faraone, rivelando che le sette vacche grasse simboleggiano gli anni di abbondanza a cui seguiranno altrettanti anni di carestia (le sette vacche magre). La soluzione sarà mettere da parte il grano per poter far fronte agli anni di carestia! Giuseppe viene quindi nominato Ministro dell’Alimentazione, ruolo che ricopre con intelligenza e sapienza e che lo porterà a salvare anche i popoli vicini all’Egitto e all’agognata riconciliazione con i fratelli.

Una storia di ragazzi, per ragazzi, musicata e reinventata da due poco più che ragazzi, commissionata a Londra, nel 1968, da un lungimirante insegnante di musica di una scuola media a due ventenni pieni di belle speranze, Tim Rice (librettista) e Andrew Lloyd Webber (compositore): un successo inarrestabile che dà il via al tandem destinato a creare capolavori del teatro musicale quali Jesus Christ Superstar, Cats ed Evita.
Metti insieme la Bibbia, Mozart, il pop anni Sessanta, le devastazioni della fame e della famiglia, i piani settennali per l’alimentazione e il Rock ‘n Roll: un’accozzaglia impossibile? No, un’opera lieve e arguta, semplice e profonda, capace di divertire i più giovani e far sorridere e commuovere i grandi.

Joseph and the amazing technicolor dreamcoat

un musical di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber
Orchestra, coro, e coro voci bianche dal vivo del Conservatorio “G. Verdi” di Milano
regia di Anna Zapparoli
direzione musicale di Mario Borciani
maestro del Coro Luigi Marzola
maestro del Coro Voci bianche Edoardo Cazzaniga
scene e costumi di Barbara Petrecca
con la collaborazione di Elena Mincuzzi Okabayashi
una coproduzione Conservatorio di Musica Giuseppe Verdi di Milano, La Dual Band
in collaborazione con TieffeTeatro Milano

La compagnia:
Narratore: Benedetta Borciani
Joseph: Beniamino Borciani
Mrs Potiphar: Lucrezia Piazzolla
E nei ruoli di Giacobbe e Faraone: Mauro Marino
I Fratelli:
Francesco Bossi, Carlo Enrico Confalonieri, Stefano Gentili, Giacomo Giannangeli, Tito Gray de Cristoforis, Elena Mincuzzi Okabayashi, Amin Onsori, Alexandro Sentinelli, Rocco Siclari, Thomas Umbaca, Liu Xuenan
I bambini:
Guendalina Biancardi Schubert, Giulia Biscozzi, Silvia Borghese, Lucrezia Carminati, Martina Cimmino, Linda Facchinetti, Tomaso Loi, Eleonora Marenzoni, Emanuele Marino, Martina Monego, Martina Pascale, Francesca Pedon, Francesca Sanfilippo, Giulia Tudisco, Simona Vitale, Guido Zecchini.
L’orchestra:
Riccardo Acciarino, Giulia Bonacasa, Gianluca Calabrese, Mara De Luca, Giulio Galibariggi, Alessandro Lipari, Luca Medioli, Francesca Remigi, Michele Sannelli, Stefano Zambon, Federica Zoppis

Amadeus nella Swinging London
Note di Mario Borciani

Parlare di Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber pone un problema, come dire, di lesa maestà: perché questo musical, opera prima di due ragazzi men che ventenni, commissionato nel 1967 da una scuola media londinese e ampliatosi nei due anni successivi a una dimensione da West End, si inserisce certamente nella corrente della commedia musicale inglese, ma con un occhio (e forse più di un occhio, come vedremo) al Flauto magico.
La felicità narrativa di Joseph ha come prima origine la storia biblica da cui prende spunto: una delle pochissime storie bibliche a lieto fine, già molte volte narrata (segnatamente, e stupendamente, da Thomas Mann), e che infine approda a questa rivisitazione musicale in cui c’è praticamente di tutto: il pop Anni Sessanta, il Rock’n’Roll (nella canzone di Faraone-Elvis, una fenomenale intuizione teatrale), il corale anglicano, il coro d’opera, il Vaudeville Anni Venti, la valse musette, il Leitmotiv. Ma, con un colpo maestro degno dei grandi uomini di teatro, questi materiali apparentemente disparati vengono a costituire un tutto unico, nel segno illuminante della fiaba.
Così come nel Flauto magico, il popolare e il colto si uniscono a creare un racconto infantile sì, ma non mai banale: e così come nell’estremo capolavoro mozartiano (cui, è evidente, dal punto di vista del valore estetico, nulla si può paragonare), anche nel musical di Webber e Rice c’è un sorriso sotto ogni vicenda, per quanto truce possa essere: qui Giuseppe gettato nel pozzo, là Tamino inseguito dal drago; qui la canzonetta da cave esistenzialista a commentare la carestia di Canaan, là il tragicomico sol minore di Papageno che minaccia di impiccarsi perché non trova l’amore; qui l’andamento modale di passacaglia barocca sotto la sentenza di Potiphar che condanna Giuseppe alla prigione, là il corale luterano figurato che accompagna l’annuncio delle prove massoniche.
Altre analogie saltano all’occhio: l’ambientazione egizia (sia pure di un Egitto reinventato rispettivamente in chiave massonico-favolistica e da Swinging London) e, sul piano più specificamente musicale, l’importante presenza delle voci bianche, in funzione di consolazione e di commento, e l’uso del glockenspiel, lo strumento per eccellenza infantile, lo strumento della magia, lo strumento di Papageno.
La citazione è, forse, l’essenza dell’ironia in arte. In Joseph il gioco delle citazioni musicali è molto fitto, e attinge variamente al repertorio colto e a quello popolare.
Vediamo per esempio la parte finale del n. 17 (Jacob in Egypt) e il coro del Flauto magico che introduce l’ultimo ingresso di Sarastro. Non solo la melodia del coro è evidentemente derivata dall’esempio mozartiano, ma la fanfara di corno e tromba è strettamente apparentata alle fanfare di legni, corni e timpani nel Flauto. Si può anche ipotizzare, chissà, una parentela tra i due personaggi (Giacobbe e Sarastro, figure paterne) che da questi cori sono introdotti, sotto finale di spettacolo.
La struttura armonica di un episodio che ritorna spesso nel corso del musical, esposto il più delle volte dalle voci bianche (Poor poor Joseph), è sorprendentemente simile all’introduzione della seconda parte del Quintetto del primo atto del Singspiel mozartiano: la scala discendente armonizzata non è certo una novità (è la struttura della celebre Passacaglia di Pachelbel), ma quel che colpisce è l’uso che Lloyd Webber ne fa, in una situazione teatrale molto simile a quella mozartiana (il commento di un evento in qualche modo miracoloso).
Mille sono gli spunti, mille gli esempi che si potrebbero fare, armonici, melodici, ritmici e di strumentazione, fino ad arrivare a un’autocitazione a posteriori di Jesus Christ Superstar, che fu scritto dopo, ma inserito prima dell’ultima canzone come motto. (E in fondo, come altri personaggi successivi di Lloyd Webber -Evita, ad esempio- Giuseppe e Gesù sono simili, se non altro in quanto entrambi superstar). Un altro caso, questo, che ha un equivalente mozartiano, sia pure non nel Flauto magico, ma nel Don Giovanni, nel cui Finale viene citata un’aria delle Nozze di Figaro. In questo gioco di citazioni anche noi abbiamo voluto aggiungerne una, certi di non tradire lo spirito dell’opera che mettiamo in scena: tre triplici “colonne d’armonie” inserite prima della spiegazione del sogno di Faraone, che farà di Giuseppe in “numero due” dell’intero Egitto. Speriamo che Andrew ci perdoni, e siamo certi che Wolfgang ci perdonerà.
Il mito è la festa, la ripetizione sempre uguale e sempre diversa della stessa vicenda. La vita nel mito, la vita come ripetizione solenne, spesso inconscia, è una forma di vita storica già conosciuta nell’antichità, e ha come strumento l’ironia. Il mito, di cui sono parte tanto la massonica fiaba del Flauto Magico quanto la biblica vicenda di Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat, vive in un eterno presente, un presente mitico, appunto, e si rivela nel sorriso, nell’ironia e nella fiducia nell’uomo e nella sua capacità infinita di raccontare storie, e sogni.

Prezzo biglietto: intero – € 26.50 | ridotto over 65 – € 14.00 | ridotto under 25, gruppi, cral, biblioteche – € 16.50 | ridotto convenzioni – € 18.00 | ridotto gruppi studenti – € 11.50
Orario spettacolo: lunedì riposo | martedì, giovedì, venerdì, sabato – ore 20.30 | mercoledì – ore 19.30 | domenica – ore 16.30

Teatro Menotti
via Ciro Menotti 11, Milano
(orari biglietteria: lunedì e mercoledì dalle ore 15,00 alle ore 18,00 | martedì, giovedì, venerdì dalle ore 15,00 alle ore 19,00 | sabato dalle ore 15,30 alle ore 19,00 | domenica dalle ore 15 alle ore 16,30 solo per la vendita della replica pomeridiana)
Tel: 02 36592544
Mail: [email protected]
Sito web: www.teatromenotti.org

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog