La scrittrice di origine irlandese Josephine Hart è morta a Londra il 2 giugno di quest'anno, dopo una lotta disperata contro il cancro.
Lascia alle sue spalle un'opera letteraria di grande coerenza ed eleganza di stile, una qualità quest'ultima che le hanno riconosciuto spesso insieme al carattere determinato. Non soltanto il suo più celebre romanzo, Damage (Il danno), quindi, che la rese celebre nel '91 ma anche i romanzi successivi Sin (Il peccato, 1992), Oblivion (L'oblio, 1995), The Stillest Day (1998), The Reconstructionist (Ricostruzioni, 2002). Tra gli ultimi titoli usciti Catching Life by the Throat: Poems from Eight Great Poets (2008) e La verità sull'amore (The Truth About Love) uscito anche in Italia (Feltrinelli, 2010).
Dicevamo che Josephine Hart lascia qualcosa di più di un bestseller, non soltanto perché come suggerisce anche Alison Flood nel suo memoire sul Guardian la scrittrice non si limitava a sfornare libri “facili” ma inseguiva il suo intuito lungo percorsi, a volte, poco convenzionali o piacevoli (Alison Flood indica in Oblivion il suo romanzo più ostico). Ma perché se si prova a leggere le opere nell'insieme ci si accorge che esistono delle costanti, dei nodi problematici sui quali la Hart ritorna spesso e volentieri: uno in particolare, il tema della memoria e della colpa.
Sembra sua la voce che accompagna il lettore all'inizio del libro: “Il mio successo nella vita, per quello che vale, è dovuto parzialmente alla giudiziosa applicazione del sapere accumulato in anni di studio e di preparazione. E' dovuto anche all'attenzione quasi ossessiva che io presto al linguaggio del corpo, al tono della voce e all'espressione degli occhi di quasi tutte le persone con cui entro in contatto ravvicinato. Professionalmente, non dubito che questo mi sia stato di enorme vantaggio. Personalmente, questa attenta e continua vigilanza viene esercitata nella speranza che, nel discernere, anche da lontano, il confuso profilo di un pericolo potenziale, io sia in grado di prevenirlo”. Forse non è soltanto il ritratto di un professionista della psiche, ma quello di uno scrittore in potenza.
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