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Jostein Gaarder, La ragazza delle arance

Creato il 02 gennaio 2014 da Candia Piedigrossi @Papers_CandiaP
Jostein Gaarder, La ragazza delle aranceJostein Gaarder
La ragazza delle arance
(2003)
**/5   Inauguriamo questo 2014 con la recensione de "La ragazza delle arance", dall'autore de "Il mondo di Sofia" (che, se non l'avete ancora fatto, vi consiglio di leggere!). Già dal titolo, un po' fiabesco, si percepisce la natura dell'intero racconto, una favola descritta da un sognatore, che, come tutte la favole, conserva una morale.  Trama   Georg ha quindici anni quando riceve una lunga lettera dal padre, ritrovata nella fodera del vecchio passeggino. Il padre, Jan Olav, era morto undici anni prima, lasciando come regalo al figlio un racconto su "La ragazza delle arance". I due scrivono insieme questo libro: alla lettera del padre indirizzata direttamente al figlio, si uniscono le riflessioni e gli interventi di Georg, rivolti al lettore.
   Jan Olav descrive l'incontro casuale con una ragazza che porta con sé una busta di cartone riempita di arance, e ne rimane talmente colpito da cercarla ovunque. Rivista altre volte, il mistero che la avvolge lo incuriosisce sempre più: perché porta sempre con sé tante arance? Piano piano i quesiti si moltiplicano: in un nuovo incontro tra Jan, ormai innamorato, e la misteriosa incantevole ragazza, si scopre che lei conosce il suo nome.
   La storia dell'innamoramento del padre verso "la ragazza delle arance" assume le caratteristiche di una favola, con le sue regole, le sue meraviglie, ma anche i suoi presagi...
Direttamente dal libro
Incipit...
  Mio padre morì undici anni fa. Quando se ne andò, io avevo solo quattro anni. Non credevo che avrei più avuto sue notizie, ma adesso stiamo scrivendo un libro insieme.   Queste sono le primissime righe di quel libro, e le sto scrivendo io, ma a poco a poco sarà lui a parlare. È lui che ha una storia da raccontare.

...Nel mezzo...
   Poi chiedo: "Quando ci possiamo rivedere?"
Resta immobile a fissare l'asfalto prima di alzare lo sguardo verso di me. Le sue pupille stanno danzando una danza irrequieta, mi sembra che le tremino le labbra. Poi mi pone un quesito sul quale sarei tornato a rimuginare molto in seguito. Mi dice: "Quanto puoi aspettare?"
  Cosa avrei dovuto rispondere a quella domanda, Georg? Forse era un trabocchetto. Se avessi risposto "due o tre giorni", mi sarei dimostrato troppo impaziente. E se avessi risposto "tutta la vita", avrebbe solamente creduto o che non mi piacesse sul serio, o più semplicemente che io non fossi serio. Dunque dovevo trovare una via di mezzo.
    Dissi: "Posso aspettare fino a quando il cuore non sanguinerà per il dolore".
    Sorrise incerta. Passò un dito sulle mie labbra. Poi disse: "E quanto tempo è?"
   Scossi la testa sconsolato e scelsi di dire esattamente come stavano le cose. "Forse solo cinque minuti", risposi.
...verso la fine
   Non venire a dirmi che la natura non è una meraviglia. Non venire a dirmi che il mondo non è una favola. Coloro che non l'hanno capito forse ci arriveranno soltanto quando la favola starà per finire. In quel momento viene data un'ultima occasione per togliersi i paraocchi, e un'ultima opportunità di sfregarsi gli occhi dallo sbigottimento, un'ultima possibilità di abbandonarsi a questa meraviglia alla quale si sta per dire addio e che si sta per lasciare.
Cosa ne penso   Si tratta di un libro dal linguaggio essenziale e colloquiale, che si legge velocemente. Lo stile di Gaarder non si veste mai di complessità, in modo da raggiungere il suo scopo: insegnare qualcosa. La storia di per sé semplicissima serve come spunto per riflettere sulla bellezza della vita. Inoltre, non mancano mai riferimenti alla cultura in generale, in questo caso soprattutto all'astronomia.
   Se avessi avuto quindici anni credo mi sarebbe piaciuto molto ed è sicuramente un libro che consiglierei soprattutto ai ragazzi. Personalmente, non mi ha lasciato nulla, non si tratta di uno di quei libri che ti rimangono sempre dentro, ma che sono convinta dimenticherò presto... Ciò che cercherò di conservare, almeno per inaugurare il nuovo anno, è il sentimento di comunione e apprezzamento nei confronti della natura e della vita, un approccio fiabesco, ma non per questo disincantato, verso la realtà.

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