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Joyce Lussu, anniversario della morte e centenario della nascita

Da Bambolediavole @BamboleDiavole

“La tendenza è la rivoluzione: ma è proprio la donna sfruttata, siamo noi di oggi, noi di domani che accendendo i falò abbiamo dimostrato che la vita con tutti i suoi avvenimenti è un fatto politico, noi che abbiamo abbattuto le barriere fittizie tra pubblico e privato, che pretendiamo non una vita migliore per noi, ma una vita diversa per tutti; cominciando da subito…in questo giorno 28 agosto 1976, anniversario della morte e centenario della nascita di mia madre, casalinga obbligata ma indomita e sibillina; che mi spiegava, sorridendo, come i periodi passati nelle carceri fasciste e al confino erano stati, per lei, epoche di sontuosa libertà dai lavori forzati della vita domestica”

Oggi è l’anniversario della morte di Gioconda Beatrice Salvatori Paleotti, vero nome di Joyce Lussu, che avrebbe compiuto nel 2012 cento anni. Figlia di nobili fiorentini, visse un’infanzia e un’adolescenza cosmopolite, respirando gli ideali antifascisti dei genitori. Come Hannah Arendt, fu allieva di Karl Jaspers a Heidelberg.

Partigiana e militante all’interno del movimento “Giustizia e Libertà”, nel 1938 conobbe il suo secondo marito, il politico e scrittore Emilio Lussu. Partecipò a numerose e pericolose missioni, sia in Italia che all’estero, e non interruppe il suo impegno neanche durante i mesi della gravidanza. All’interno del movimento “Giustizia e Libertà” raggiunse il grado di capitano, e nel dopoguerra venne decorata con una medaglia d’argento al valore militare. L’usanza di assegnare le medaglie con pubblica ceremonia, plotone d’onore, presentat’arm, banda militare, presenza del generale comandante e delle autorità civili non valeva per le donne partigiane, le quali solevano ricevere il riconoscimento direttamente a casa. Lussu pretese per sé tutta la cerimonia e sfilò davanti al generale comandante e alle autorità civili vestita di rosso.

Joyce Lussu, anniversario della morte e centenario della nascita

Fu tra le promotrici dell’UDI e militò per qualche tempo nel PSI.

Dalla fine degli anni ’50 effettuò diversi viaggi con organizzazioni internazionali della pace e con movimenti di liberazione anticolonialistici, spostando il suo impegno politico verso le lotte contro l’imperialismo. Divenne un’estimata traduttrice di poeti viventi, tra i quali il turco Nazim Hikmet.

“Essere donna l’ho sempre considerato un fatto positivo, una sfida gioiosa e aggressiva. Qualcuno dice che le donne sono inferiori agli uomini, che non possono fare questo e quello? Ah, sì? Vi faccio vedere io! Che cosa c’è da invidiare agli uomini? Tutto quello che fanno, lo posso fare anch’io. E in più, so fare anche un figlio”.

Nel bellissimo e sempre attuale libro “padre, padrone, padreterno”, Lussu analizza la propria esperienza di militante partigiana. Si chiede come sia possibile che, dopo gli avvenimenti della Resistenza, siano sopravvissuti rigurgiti fascisti. Addebita alla chiesa cattolica parte di responsabilità, avendo sostenuto il potere politico fin dalla caduta dell’impero romano, equiparando i regnanti al dio unico, predicando la rassegnazione e l’obbedienza agli sfruttati, scomunicando, perseguitando e bruciando gli eretici, gli schiavi ribelli, le donne. Fa a pezzi anche la sinistra, troppo impegnata nel periodo del dopoguerra a conciliare la bandiera rossa con l’olio santo, realizzando questa conciliazione in primis sulla pelle delle donne, sottratte alla politica e alla Storia allo scopo di rassicurare i cattolici sulla stabilità dell’istituzione famigliare. Un’importante critica al femminismo riguarda la sua incapacità di collegare le lotte femministe con quelle di classe. Questa mancanza di collegamento rappresenta per Lussu il punto debole dei movimenti femministi, presi in mano da donne borghesi le cui rivendicazioni risentono invariabilmente della loro appartenenza di classe. Con un breve excursus storico, dimostra come nei secoli siano sempre esistite donne influenti, che tuttavia si consideravano “altro” rispetto agli uomini e alle altre donne (ad es. le castellane che sentivano di non avere nulla in comune con le villane), e come questo abbia impedito la creazione di un movimento femminista compatto.

“Dire che dovremmo solidarizzare perchè abbiamo tutte una vagina, è un’insensatezza, in quanto prescinde da ogni collocazione storica e politica”


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