“Deng, Riam e Ladu possono vivere l’uno accanto all’altro in pace” scrive Emmanuel Stephen Bona.
La sua è una lettera immaginaria ai compagni di classe. Deng, Riam e Ladu sono nomi tipici dei Dinka, dei Nuer e delle etnie della regione di Equatoria, ostaggio di un conflitto che continua a causare vittime e sofferenze.
Con la sua lettera Emmanuel ha vinto il primo premio di un concorso organizzato dall’ambasciata degli Stati Uniti a Juba. Ma a questo ragazzino sta a cuore altro.
Cari amici – scrive – una barca non va avanti se ognuno rema in una direzione diversa. Il Sud Sudan non può progredire se continuiamo a pensare come appartenenti a un’etnia.
Insieme, Shilluk, Moru, Nuer, Kuku o Dinka, possiamo far sviluppare questo paese, camminando migliaia di chilometri.
Emmanuel è convinto che le differenze tra le comunità non sia una minaccia ma una ricchezza per il Sud Sudan. E non vuole credere che il conflitto politico tra il presidente Salva Kiir, un Dinka, e il suo ex vice Riek Machar, un Nuer, possa distruggere la voglia di libertà e di pace dei suoi connazionali.
Dobbiamo chiedere perdono ai nostri vicini – scrive – perché la riconciliazione è impossibile senza perdono e perché la legge dell’occhio per occhio renderà questo paese cieco.
Emmanuel immagina un tempo lontano, ma che per gli uomini di buona volontà oggi è ancora possibile, nel quale i popoli del Sud Sudan avevano imparato a risolvere i loro contrasti in modo pacifico.
L'auspicio, com'è giusto che sia, è impegnarsi tutti affinché quei tempi ritornino.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)