Once Upon a Time -1999-
Giusto giusto per il suo primo film avevo usato il paragone tra Harmony Korine e Lars von Trier e la loro ormai nota voglia di provocare.
Questo paragone non era certo fatto a caso, perchè i due, oltre a un atteggiamento comportamentale e registico discutibile, hanno collaborato per il fantomatico Dogma 95, al quale l'americano ha aderito con il suo secondo film dietro la macchina da presa.
Dall'unione della sua mente fervida e attratta dai margini, e le strette regole a cui attenersi dei danesi, ne è uscito un film per nulla facile e per nulla semplice.
Julien è un ragazzo con chiari disturbi mentali, ossessivo e ossessionante vive con una famiglia altrettanto disturbata e periferica, composta da un padre/padrone tedesco, un figlio maggiore fissato con il wrestler che si allena nei modi più assurdi sotto il severo controllo paterno, e una sorella incinta, probabilmente dello stesso Julien.
La trama sembra non esserci nemmeno questa volta, quella che viene raccontata è la vita all'interno di una casa soffocante e delle uscite dei vari membri, con Julien che partecipa a incontri di gruppo per ciechi, messe e pattinate sul ghiaccio.
Quello che veramente importa del film è come tutto questo è stato girato, con lo sperimentalismo di Korine che esplode e sembra non fermarsi mai, tra montaggio sincopato, racconto per fotografie, camera a mano e sovrapposizioni che fanno girare la testa.
Ancora una volta, tutto questo o lo si odia o lo si ama: si può rimanere affascinati dalla recitazione unica di Ewen Bremner (proprio lui, il mitico Spud di Trainspotting) e dalla dolcezza della aficionada Sevigny, così come si può restare attoniti davanti a una presentazione autoriale e referenziale del film, che non a caso vede completare il cast nientemeno che da Werner Hergoz.
Julien Donkey-Boy trasuda di weird e di borderline, di sperimentalismo e di scommessa con il pubblico, sfidato a rimanere a vedere cosa succederà. Il finale, tenero e stranamente commovente, ripaga della fatica fatta per seguire Korine in questa sua ennesima avventura, e nonostante l'odio che a tratti si può provare per la sua presunzione, lo si perdona, almeno questa volta, finendo per trovare in Julien un antieroe degno di questo nome.
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