Juncker e gli irriducibili del mercato

Creato il 16 dicembre 2014 da Keynesblog @keynesblog

Daniela Palma e Guido Iodice da Left del 6 dicembre 2014

Se esistesse una linea di confine tra i miracoli e la realtà dell’economia, questa sarebbe certamente abitata dal Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, grazie alla sua recente proposta di attivare almeno 315 miliardi di euro per investimenti nell’Unione nel corso del triennio 2015-2017 attraverso un nuovo fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis). L’iniziativa sembrerebbe rompere finalmente l’aura dell’austera politica europea. Ma la cifra complessiva destinata al Fondo ammonta a soli 21 miliardi di euro, buona parte dei quali (16 miliardi) stornati dal già esiguo bilancio UE. Il resto, 5 miliardi, saranno messi a disposizione dalla Banca Europea degli Investimenti che userà il fondo per emettere obbligazioni fino a 60 miliardi.

Anche fatta salva la “spendibilità” del Fondo – tramite le obbligazioni emesse dalla BEI – , il nodo ultimo resta quello di arrivare ad attivare un totale di 315 miliardi di euro, che significherebbe prevedere una “leva” pari a 15 euro di investimenti privati per ogni euro del Fondo. Leva che non ha precedenti storici e che men che meno appare credibile nell’attuale periodo di crisi e di riduzione dell’indebitamento da parte delle imprese. Nelle intenzioni della Commissione i finanziamenti dovrebbero riguardare le infrastrutture (in particolare banda larga e reti energetiche), i trasporti negli agglomerati industriali, ricerca e innovazione, energie rinnovabili nelle PMI e nelle imprese a media capitalizzazione.

Insomma, tutti investimenti estremamente rivitalizzanti per il tessuto economico europeo, ma altrettanto rischiosi sotto il profilo della redditività. Ne deriva, complessivamente, un quadro scarsamente credibile e che soprattutto – una volta di più – sottolinea come nella politica europea sia ancora profondamente radicata l’idea che lo Stato debba “facilitare” il lavoro del mercato (evitando o attutendone i fallimenti), piuttosto che farsi interprete diretto di investimenti che il mercato non è in grado di affrontare, come quelli, particolarmente necessari per un rilancio dell’attività economica, che la Commissione ha esplicitamente indicato. Di fatto una schizofrenia che mina (concettualmente, prima ancora che in ragione dell’irrisoria mobilitazione di risorse finanziarie) qualunque possibilità di fuoriuscita dalla crisi in cui versa l’Europa.

Per approfondire: EFSI: la verità sul piano Juncker


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