Bologna, Freakout Club.
Agosto appena iniziato, caldo asfissiante, città che comincia a svuotarsi e palese mancanza di studenti fuori sede, in poche parole gli ingredienti per una serata non troppo affollata ci sono tutti, il che è un gran peccato vista la qualità dei nomi in cartellone e la possibilità di goderseli in un luogo fresco con tanto di aria condizionata… Dispiace per le band che alla fine suonano davanti a poca gente, senza per questo venir meno quanto a passione e impegno profusi, ma soprattutto per chi magari se ne è stato a casa e non ha approfittato della ghiotta occasione. Del resto, di concerti in giro in questo periodo ce ne sono molti e gli Jungbluth hanno in programma varie date nella penisola, così come i loro compagni di bill Jester Beast, ma resta un minimo di amaro in bocca, perché l’evento meritava di sicuro una maggiore partecipazione e, magari, anche un po’ più di attenzione da parte di quelli che hanno deciso di seguire solo una delle tre formazioni presenti snobbando le altre, così da rendere di volta in volta ancora più evidente la scarsa affluenza.
Messo da parte questo, almeno nelle intenzioni, non polemico cappello introduttivo, passiamo ai molteplici aspetti positivi della serata, a partire dalle chiacchiere che scorrono a fiumi con i vari amici presenti e i disponibilissimi membri dei gruppi, gli acquisti ai banchetti e le bevute per attenuare il senso di arsura dovuto al caldo afoso che regna fuori dal Freakout nonostante l’ora tarda. Per fortuna, con l’inizio del concerto, si può entrare al fresco per assistere al set della prima band presente oggi, ovvero gli Ossah, latori di un hardcore old-school a cavallo tra DC e skate-rock, ricco di energia e dotato della giusta ruvidezza, con tributi alla Revolution Summer e al fast-core per un ibrido effervescente che ci ripromettiamo di approfondire e che, nonostante qualche angolo da smussare, colpisce nel segno e incuriosisce a dovere.
Con i Jester Beast si fa un viaggio tra passato e presente grazie a una delle formazioni culto della scena crossover nazionale. Al solito sono forti dell’attitudine freak-core che ne ha da sempre connotato le incursioni sonore, ma anche della nuova deriva voi-vodiana, evidente nell’ultimo lavoro in studio. Che i quattro siano in palla è chiaro sin dalle prime note: puntuali, funambolici nelle loro improvvise inversioni di rotta e negli stacchi, sicuri nello sciorinare davanti ai presenti una scaletta tanto ricca quanto precisa, avrebbero di sicuro meritato un pubblico ben più corposo. I Jester Beast, d’altro canto, vanno dritti per la loro strada e suonano con determinazione, segno di una mentalità costruita e rodata sulla strada nel corso della loro lunga carriera. La corposa scaletta rende giustizia al nome e permette di assaporare in pieno una concezione sonora che non ama barriere e divisioni nette, così da sposare differenti approcci e creare un blend a forte presa. Una vera lezione di tenacia e voglia di continuare ad abbattere i muri che varrebbe da sola il prezzo del biglietto, a sottolineare ancora una volta come certi “vecchietti” non abbiano nulla da invidiare alle nuove leve, sia sotto il profilo umano sia per quanto riguarda la tenuta del palco. Insomma, centro pieno e la voglia di rivederli davanti ad un pit più corposo e ricettivo.
A chiudere salgono i tre Jungbluth, ragazzi con una missione e la voglia di riportare il termine hardcore entro i giusti binari, in particolare per quanto concerne l’approccio realmente diy e l’impianto ideologico che dovrebbero sempre essere la base e la colonna portante in questi lidi (a voler fare un solo esempio: tutto il merchandise è a libera offerta, senza prezzi imposti). Come già appurato in altre occasioni, i tre sono una vera e propria macchina da guerra, snocciolano i brani con una potenza e una profusione di energia che al momento ha ben pochi pari, colpiscono i presenti allo stomaco e, tra un pezzo e l’altro, sottolineano alcuni aspetti del loro vivere l’hardcore in maniera totalizzante. Ascoltati dal vivo, i pezzi nuovi funzionano alla grande e uniscono al loro interno le varie componenti della band, a partire dalla capacità di pestare a mille per poi permettersi improvvise aperture, siano esse ricche di groove o fugaci esplosioni di melodia, il tutto annaffiato di abbondanti dosi di noise-core e qualche strizzata d’occhio agli anni Novanta. Il set è conciso e senza fronzoli, dura il giusto per colpire i presenti e far reclamare un bis, a concludere la serata nel migliore dei modi. A giudizio di chi scrive, questa è la vera rivelazione dell’anno in campo hardcore, poi ciascuno faccia la sua scelta.
Chiacchiere finali, bicchiere della staffa e si è di nuovo in macchina… con un pubblico più numeroso e qualche grado in meno fuori dal locale sarebbe stata una serata perfetta, ma va benone anche così.
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