Magazine Cinema
Durata: 124'
La trama (con parole mie): a ventidue anni di distanza dagli eventi che videro sconvolta l'esistenza del primo Jurassic Park, Jurassic World è divenuto un parco tematico in grado di funzionare alla grande ed a pieno regime sulla stessa isola che ospitò il suo ispiratore, finanziato dal miliardario Masrani ed orientato in modo da stupire sempre di più il visitatore.Proprio per questo motivo, affidandosi al genetista Wu, il direttivo del parco decide di operare in modo da creare nuovi ibridi coltivati in laboratorio in grado di regalare brividi mai provati prima al pubblico: la nuova attrazione, ribattezzata Indomitus Rex, nata da una selezione di DNA di dinosauro ed animali presenti in natura, però, finirà per risultare un osso troppo duro per gli organizzatori.Claire, dirigente della struttura con i due nipoti come ospiti ed Owen, ex operativo della marina che si è occupato dell'addestramento di una squadra di quattro velociraptor, dovranno fare fronte al panico che seguirà l'evasione dell'ultimo ospite del parco.Come finirà la lotta?
Se, una decina d'anni or sono o poco più, qualcuno mi avesse predetto che avrei ricoperto la posizione di sostenitore indefesso del Cinema d'intrattenimento selvaggio e dei popcorn movies, o che avrei ripescato i cari, vecchi action che mi avevano cresciuto nella seconda metà degli anni ottanta e nei primi novanta, avrei riso forte, convinto della mia posizione legata esclusivamente al Cinema d'autore, quello di nicchia, "alto", lontano da tutte le logiche commerciali e di comodo.Nel corso del tempo trascorso da allora ad oggi, non trovo affatto sminuito il valore delle proposte d'essai, e la necessità di averle accanto in modo da poter stimolare cervello e cuore: eppure, parallelamente, mi sento come avessi avuto un'epifania a proposito della pancia, delle viscere, di tutto quello che è istinto, divertimento, bisogno di una leggerezza che la vita di tutti i giorni, spesso e volentieri, ci toglie con gusto.Questo duemilaquindici, povero di soddisfazioni in termini assoluti, sta portando alla ribalta tutte proposte legate al Cinema "basso", da Fast 7 a Mad Max: Fury Road, passando per Kung Fury per giungere qui, come se il bisogno di bocche spalancate, goduria e divertimento stia tornando lo stesso dei favolosi eighties, in barba alla crisi e a tutti i problemi che ognuno di noi si trova ad affrontare al giorno d'oggi.In effetti, tuffarsi - senza pretese di logica e seriosità, ovviamente - nella visione del lavoro di Colin Trevorrow - autore del bellissimo Safety not guaranteed, qui imbrigliato in parte dalle logiche delle major e dalla produzione made in Spielberg - conduce proprio a questo: una distensione totale delle cellule cerebrali, un tripudio di emozioni ed effetti che solo la grande avventura senza pretese fornisce, brividi legati alla sensazione da ottovolante di trovarsi proiettati accanto ai protagonisti in un parco alle prese con predatori che, citando l'inquietante genetista responsabile della creazione dell'Indomitus Rex - bellissima la battuta di Owen/Pratt sul nome - vedono noi umani così come noi vediamo un gatto, o un topo.Punti di vista, di fatto.Del resto, se una formica o uno scarafaggio fossero grandi quando un'automobile, probabilmente la nostra percezione della loro forza e del pericolo sarebbero decisamente differenti, e così le loro: di certo, in bilico tra citazioni del primo film - ed unico parzialmente valido della trilogia precedente -, sequenze ad alta tensione - l'incontro tra i due giovani fratelli "fuggiaschi" e l'Indomitus, altrettanto fuggitivo -, altre a metà strada tra la commedia brillante e la romcom - i duetti tra Pratt e Bryce Dallas Howard -, Jurassic World risulta indiscutibilmente un successo, in grado di allentare la tensione degli spettatori più smaliziati e disposti a rilassarsi come si conviene, e nutrire quelli occasionali con la materia migliore che la settima arte possa fornire: la meraviglia.Personalmente, l'esaltazione - mia e di Julez, caricata a molla dopo il trailer di Terminator: Genesys e tornata bambina grazie al lavoro di Trevorrow - culminata con il confronto tra l'Indomitus, il T-Rex, il Velociraptor e l'enorme dinosauro marino in stile coccodrillo del quale non ricordo il nome scientifico che regala esplosioni di sopra le righe nel finale vanno oltre qualsiasi critica, dai tacchi della Dallas Howard alle concessioni ed ingenuità della sceneggiatura, facendo dono alla platea di un giocattolone di quelli che, nel corso della mia infanzia, emozionavano e permettevano di uscire dalla sala con la pelle d'oca ed un senso d'onnipotenza neanche si fosse noi, i protagonisti di quella meravigliosa avventura che era appena finita sullo schermo.Se questo, un pò di seriosità gettata alle ortiche per lasciare spazio a mandibole grondanti bava da fame predatoria, qualche strizzata d'occhio ai grandi distributori ed alla logica, ed un pò di riposo concesso alla parte del cervello affamata di Cinema d'essai sono il prezzo da pagare per un ritorno al senso di meraviglia che pareva perso da oltre vent'anni - poco prima dei tempi dell'esordio sul grande schermo di questo brand -, ben vengano questi lucertoloni assetati di sangue.Sarò lieto di affrontarli - o meglio, cercare di sopravvivere loro - dal primo all'ultimo.
E non mi importerà del concetto dei "più denti", quanto dell'utilizzo di quelli che si avranno.
Chiedetelo al ruggito del Tirannosauro.
MrFord
"I'D EAT YOU ALIVE!!!! I'd eat you alive.....
I'D EAT YOU ALIVE!!!! I'd eat you alive.....
I'm sorry. So sorry (damn, you're so hot!!)
Your beauty is so vain (damn, you're so hot!!)
It drives me, yes it drives me (damn your so hot) absolutely insane."Limp Bizkit - "Eat you alive" -
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