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Come sarà andata a finire, a prescindere dal risultato della partita?
Nonostante il male che se ne possa dire, a partire dal giro di denaro, sponsorizzazioni e chi più ne ha, più ne metta, ho sempre adorato il calcio: da Holly e Benji alle partite al campetto fino alle prime emozioni da spettatore, da quelle vissute in prima persona a quelle regalate dalla propria squadra del cuore, penso che il buon, vecchio pallone sia in grado di affascinare - come tutti gli sport, sia chiaro - a qualsiasi latitudine ed età, se preso con lo spirito giusto.
Un paio di sere fa si è giocata, a Berlino - teatro di quella che fino ad ora potrebbe essere stata la mia soddisfazione calcistica più grande, da tifoso, i Mondiali del duemilasei vinti a sorpresa dall'Italia - la finale della competizione più importante del calcio europeo per quanto riguarda i club: la Champions League.
Di fronte, due compagini che ho sempre detestato: la Juventus e il Barcellona.
Della seconda ho poco da dire: l'ho vissuta da avversaria in più occasioni da tifoso del Milan, e nonostante rappresenti una città che adoro ho sempre trovato il club espressione di una fighetteria e di una spocchia al limite dell'irritante, Messi e Neymar, campioni indiscutibili, sono tra gli sportivi che più detesto, privi del carattere e del piglio che piacciono da queste parti, perfino i colori della divisa ufficiale non mi fanno impazzire.
Della prima, invece, potrei raccontare parecchio: da ragazzino ho passato non so quanto tempo a dare contro a quella che è la squadra più amata ed odiata d'Italia, esultando come un forsennato in occasione delle due finali di Champions perse contro il Dortmund ed il Real Madrid, ed ovviamente per quella che vide la Vecchia Signora opposta al Milan, dodici anni fa.
Il tempo è passato, io sono cambiato, ed ho scoperto sulla mia pelle che la frustrazione è una cattiva consigliera, anche da tifoso, e mi sono ritrovato, pur non esaltandomi, a considerare le cose in maniera molto più oggettiva, sia che si tratti di squadre italiane o, semplicemente, di avversari dal valore che è giusto riconoscere: sabato sera, pur perdendo, la Juventus ha finito per giocarsi le carte e le energie che poteva contro una squadra obiettivamente di molto superiore per livello tecnico e di organizzazione, in grado di fare male ad ogni affondo - e, considerato tutto, è andata anche bene, nonostante sia stato da più parti dichiarato che il tre a uno conclusivo sia stato una punizione troppo severa -, capace di imporre un gioco che è ormai ben noto, e che raramente, negli ultimi anni, ha trovato rivali.
Entrando in campo da outsider con speranze di una vittoria insperata alla vigilia, probabilmente la Juve si è ritrovata stordita da un gol preso in pieno avvio, complice una manovra esemplare del Barca, che ha onestamente finito per dominare il primo tempo, rischiando in più di un'occasione di ingrassare il bottino per poi ritrovarsi rimontato proprio nel momento migliore.
A quel punto, per dieci minuti, la speranza del popolo bianconero è stata più che concreta: un ribaltone, una rivoluzione, la vecchia storia dello sfavorito che mette al tappeto il campione.
Ma non sempre le cose vanno così, a meno che non ci si trovi in un film: e così, basta la zampata di un fuoriclasse - per quanto sopravvalutato - come Messi, ed ecco che Suarez - altro che non gode delle simpatie del sottoscritto -, riporta le cose come stavano al principio.
E per i bianconeri è l'inizio della fine, sancita da un gol dell'altrettanto detestato Neymar proprio allo scadere.
Ma la questione non è tanto chi ha vinto, o che lo abbia fatto il più forte, o che abbia perso una storica rivale: la Juventus ha ceduto a testa alta, battendosi, pur con alti e bassi, dal primo all'ultimo minuto.
In questo senso, e nella sportività di Julez, che celebra il momento di gloria di Neymar, alla sua prima Champions con tanto di sigillo a sostenere la giovinezza ed una carriera appena all'inizio, trovo che i bianconeri abbiano dimostrato il loro grande valore, a prescindere dal risultato.
Perdere con dignità è ai miei occhi simbolo di un carattere maggiore che vincere senza.
E considerati i trascorsi della Juventus, questo traguardo raggiunto, in tutta la sua insperata, clamorosa, realistica umanità, è una vittoria ben più grande della "coppa dalle grandi orecchie".
Anche se, fossi un tifoso bianconero, preferirei certo barattare un pò di questa ammirazione per un trionfo che, l'altra sera, avrebbe fatto piacere anche a me.
MrFord
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