L’altra notte, Buffon ha lasciato lo Juventus Stadium per ultimo.
La notte delle 136 presenze in Nazionale, della qualificazione al quinto Mondiale personale (solo Matthaeus e il portiere messicano Antonio Carbajal come Gigi).
Non ha ignorato un taccuino, un microfono o una telecamera. Sul viso l’espressione di chi sa ancora emozionarsi in mezzo a un prato.
Ha giocato ovunque, davanti a chiunque, ha vinto tutto, è salito in cima al mondo da protagonista, è considerato all’unanimità uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, eppure l’altra notte, uscendo dagli spogliatoi, sembrava un bambino incredulo, felice ed eccitato come un ragazzino con in spalla la borsa della prima squadra di calcio della propria vita.
Ma in fin dei conti, perché sorprendersi?
E’ tutta qui infatti, a parità di mezzi fisici e tecnici, la differenza che passa fra un fuoriclasse e chi per egoismo, per pigrizia o per altro si accontenta di pochi sprazzi di gloria, spesso inutili a livello di gruppo.