In certe partite è il gioco a passare in secondo ordine. Nel caso di Juve-Atalanta conviene soffermarsi su alcuni episodi occorsi fuori dello stadio. La contestazione dei tifosi che lanciano di tutto contro la squadra arrivando a colpire un giocatore, Zebina, è di quelle che meritano una riflessione filosofica.
La persona, il giocatore o il tifoso è il centro unitario e attore di atti intenzionali di ogni tipo, cioè dal gioco al pugno, quindi non solo teoretico-razionali, ma anche emotivo-affettivi e volitivi. Essa (la persona) possiede un "corpo fisico" un "corpo vivente proprio" e un "io psichico": una dimensione comunitaria aperta al mondo molteplice e generalizzato dell'essere, in quanto i suoi atti sono l'unica sede dei valori morali. Potrà quindi essere conosciuta, come dice Max Scheler, tramite gli atti della "Simpatia" con cui si partecipa ai suoi stessi atti.
Tra le varie forma della "simpatia" un posto particolare spetta all'amore e all'odio. L'amore è per sua natura l'atto intenzionale che apre ai valori più alti. E allora, cari tifosi incazzati, ricordate sempre che il calcio è un gioco non una guerra. Ricordate che l'amore per la propria squadra vale di più quando la squadra ha più bisogno dell'affetto dei suoi.
Tornando alla partita, la Juve vince 2 a 1. È un regalo eticamente riservato a chi ama la Juve, non agli energumeni che muovono le mani.