Tutti lo desiderano, alcuni lo fanno, molti lo ignorano, altri lo ritraggono, c’è chi lo contempla e chi lo nega. Si parla di sessualità ed erotismo grazie alla mostra KAMA. Sesso e Design alla Triennale di Milano fino al 10 marzo prossimo. Kama è il dio del piacere, dell’amore carnale e di quello spirituale. Le civiltà e le religioni orientali, in netta opposizione alla cultura e alla fede cristiana, da sempre hanno mostrato una forte attenzione alla sfera più intima e umana tanto da dedicare uno spazio sacro a quello che per noi occidentali è solo qualcosa da nascondere. Opere ed elementi d’arredo del passato ci portano a una sessualità quotidiana, fatta di gesti consumati in piena naturalezza dentro le mura domestiche. Un’esposizione che desidera riportare alla normalità un argomento che da quotidiano diventa tabù e suscita vergogna con il passare dei secoli. Ci mostra, anche, il piacere nel suo aspetto più ludico, ironico e a volte mercenario. Un argomento che oggi è spesso merce, mezzo e fonte di frustrazione. Quadri, sculture, installazioni e oggetti di design creati allo scopo di illustrare e rendere visibile ciò che dà piacere ma anche il concetto del piacere stesso. Impalpabile e affascinante Shivering Bowls di Nendo, l’installazione composta da vasi bianchi in silicone che danzano al soffio di un ventilatore. La tentazione di toccarli è tanta. Ma è vietato, non si fa. Non si può. Guardare e non toccare. Mantra occidentale. Divieto imprescindibile di una fede che punta il dito alla naturale espressione del corpo umano. Dal concettuale al carnale verso la giostra del piacere creata da Italo Rota. Nome dell’opera? Maneggiare con cura. Qui toccare – con cura, appunto – è d’obbligo. Sì, perché nel paesaggio giocoso del sesso, è inevitabile farsi male rompendo equilibri sottili che rendono possibile il gioco stesso. In una stanza completamente rossa è richiesta attenzione.
Lo spazio espositivo è arredato grazie a importanti oggetti di design: Feminino, le poltrone di Gaetano Pesce, i disegni erotici di Pietro Fornasetti e Firepussy di Andrea Maestri, specchio in legno e gommapiuma che ritrae quella che Gustave Courbet nel lontano 1866 chiamò L’origine du monde e che ancora oggi, purtroppo, nel 2013 scandalizza e fa rumore. Non si può non parlare di sesso e piacere senza parlare di cibo. E così il piacere, inteso in senso più ampio, abbraccia inesorabilmente la gola. L’altro peccato. Perché non c’è nulla di più piacevole del proibito, ma quando il proibito e in realtà qualcosa di naturale allora fermarsi è praticamente impossibile. Sensualissime ciotole in terracotta che riproducono altrettanto sensuali bocche femminili, pronte a cibarsi di qualunque forma di piacere: questa è l’opera di Ronit Baranga intitolata Crowd. Il cibo è ancora protagonista grazie alla riproduzione di cannoli, minne di Sant’Agata e dolci della tradizione siciliana che ricordano le parti erogene maschili e femminili. Erotismo, cibo, piacere e religione: elementi fermamente presenti nella cultura isolana.
La vasta raccolta non ha solo lo scopo di mostrare ma anche quello di denunciare. E di denuncia è l’opera di Jamie McCartney The Great Wall of Vagina. Una scultura in gesso composta da 400 calchi di genitali femminili. Come lo stesso artista ha affermato, in diverse interviste, lo scopo dell’opera è quello di far comprendere la bellezza del corpo di una donna nella sua totalità e in tutte le sue sfaccettature più intime. Al centro della contestazione la pratica, ormai molto diffusa in tutto l’occidente, di modificare l’organo sessuale femminile allo scopo di renderlo più bello e armonioso quasi fosse semplicemente un feticcio da mostrare. L’esposizione è sicuramente molto ricca e interessante. Tanti gli oggetti, forse troppi e si fatica a creare un messaggio univoco. Il rischio, a mio parere, è quello che per esaltare e rendere quotidiano un aspetto così naturale si passi per quella mercificazione che giustamente si vuole reprimere. Molto interessante lo svolgimento del tema dal punto di vista delle installazioni, troppo ricca invece la parte di oggettistica. Quel che è certo è che l’esposizione, nella sua caotica e museale esposizione, rende benissimo quanto vario, sfaccettato e bello sia questo nostro corpo che si nutre poco di piacere e troppo di sensi di colpa.
In copertina: Ronit Baranga – Crowd (2011)