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Kami no tsuki (紙の月, Pale Moon). Regia: Yoshida Daihachi. Soggetto: dal romanzo di Kakuta Mitsuyo. Sceneggiatura: Hayafune Kaeko. Fotografia: Shiguma Makoto. Interpreti: Miyazawa Rie, Ikematsu Sōsuke, Kobayashi Satomi, Kondō Yoshimasa, Ishibashi Renji. Produttori: Ikeda Fumitsugu, Ishida Satoko, Akashi Naomi. Durata: 126 minuti. World premiere: 25 ottobre 2014, Tokyo International Film Festival. Uscita nelle sale giapponesi: 15 novembre 2014.
Link: Mark Schilling (Japan Times) - Nicholas Vroman (a page of madness)
Punteggio ★★
Da piccola, Rika frequenta una scuola privata cattolica per famiglie ricche ed è infervorata nel fare beneficenza. Adotta un bambino thailandese a distanza, lui le spedisce un disegno e una sua fotografia da cui si vede che una guancia deturpata da una brutta cicatrice.
Da grande Rika è una moglie morigerata e infelice che risponde all'annuncio di una pubblicità e va a lavorare in banca. La sua insoddisfazione repressa appare in superficie come seriosità e il suo capo le affida il delicato compito di seguire i risparmi e gli investimenti dei clienti privati presso i loro domicili. In occasione della visita a un ricco cliente anziano, incontra il nipote di questi, studente universitario. Quando lo rivede per strada, rimane toccata. Al successivo incontro casuale, dà inizio a una relazione. Prende a curarsi di più e a fare spese per sé. Il ragazzo però ha un grosso debito e per amore di lui Rika rompe gli argini: produce una ricevuta falsa per un grosso deposito di un cliente e ruba i soldi. Inizia così una escalation di sottrazioni di denaro dai clienti e di spese sempre più folli: abiti, orologi, hotel da migliaia di euro a weekend, macchine, una casa bellissima in affito per stare con il giovane.
Il bel gioco però dura poco. Da un lato il giovane si stufa del suo isolamento dorato con una donna di mezza età e preferisce tornare a divertirsi da povero con le sue coetanee. Dall'altro, una inflessibile collega anziana, Yoriko, inizia a subodorare che qualcosa non quadra e scava inesorabilmente fino a che il caso non esplode. Senza più un soldo, messa con le spalle al muro, Rika fugge nel nulla. La rivediamo in Thailandia che compra un frutto da un rivenditore di strada che guarda caso è il bambino beneficiato da lei.
Yoshida Daihachi veniva a questo film sulla spinta di una serie di lavori intriganti. Già Funuke domo, kanashimi no ai wo misero (2007) era stata una gradita sorpresa con il suo gusto per un humor anticonvenzionale. Permanent Nobara (2010), spiritoso ma anche amaro ritratto di un microcosmo femminile, sempre sospeso fra dramma e ironia, era stata una conferma. Il notevole Kirishima, bukatsu yamerutteyo (The Kirishima Thing, 2012), infine, segnava un'ulteriore crescita verso la maturità artistica. La ricostruzione a modo suo incalzante delle sfaccettature di una comunità scolastica alla luce della scomparsa di uno degli studenti appassionato di cinema era stata uno dei migliori titoli dell'anno in più di una classifica.
Dopo queste premesse, le aspettative erano molte ma, ahimè, vengono abbastanza disattese. L'impressione complessiva di Kami no tsuki (traduzione letterale "Luna di carta") è quella di una storia vecchia e scontata (la casalinga, poi impiegata, che "si libera"), girata senza nessuna peculiarità stilistica che la giustifichi. Anzi, a voler ben guardare, gli elementi specificamente cinematografici che il regista aggiunge, sono peggiorativi. L'uso del ralenti - in particolare per la scena in cui Rika scende le scale della metropolitana per dare inizio alla relazione clandestina - le canzoni da messa - quelle che Rika cantava a scuola da piccola - che punteggiano fuori campo varie scene, le dissolvenze in bianco. Sono tutte cose che contribuiscono a banalizzare la storia.
Ma è soprattutto sul piano dei significati che il regista sembra non riuscire a trovare una linea chiara. Yoshida sembra non voler mai prendere posizione nei confronti della storia: l'operato di Rika non è né approvato né riprovato ma soprattutto non suscita coinvolgimento, positivo o negativo che sia, nello spettatore. Infine, l'episodio-chiave cui Yoshida affida "il messaggio nella bottiglia", cioè il colloquio finale tra Rika e la collega anziana, l'incorruttibile e ferrea Yoriko. Incalzata da quest'ultima sulle vere ragioni di quanto ha fatto, Rika rivela che ha voluto provare l'ebbrezza di passare tutta una notte fuori (lo stesso sogno, dichiarato ma irrealizzato, di Yoriko) e che dopo che l'ha fatto e l'ha ripetuto (ampliato) ha capito che è tutto falso (testuale). Ha capito che il denaro non dà la felicità. Tali considerazioni sono inframmezzate da immagini di Rika da bambina, quando ancora credeva nella forza del denaro per realizzare la felicità (allora era tramite la beneficenza, ora è per "il consumo in proprio"). La scena finale, a quanto pare aggiunta appositamente e una delle più deboli di tutto il film, non riesce a decidersi per un orientamento definitivo. Il denaro della beneficenza è servito, nel senso che adottare il bambino è stato utile perché ora quel bambino è un adulto con una famiglia e un lavoro. Oppure è stato tutto inutile, quel bambino salvato dalla strada, sulla strada è tornato con la sua misera bancarella. Resta il dubbio ma, quel che è peggio, ancora una volta lo spettatore è disinteressato al destino della protagonista.
L'impressione è che Yoshida abbia voluto confezionare un prodotto di consumo per il largo pubblico (molti attori famosi, la neve che cade mentre i nostri sono al bar, in sottofondo la musica di clarinetto alla Woody Allen) senza preoccuparsi troppo della coerenza. Il fatto è che non pare esserci riuscito. Paradossalmente, il drama televisivo tratto dallo stesso romanzo (ad opera di Kakuta Mitsuyo, autrice anche del romanzo da cui è stato tratto Yōkame no semi, 2011), nel suo essere naturalmente meno elaborato, era venuto meglio, a cominciare dalla protagonista, la maestrina per eccellenza Harada Tomoyo, che ben rendeva l'attrazione-paura per la trasgressione. Miyazawa Rye, invece, non pare essere stata una buona scelta. Troppo, fredda, asciutta, impersonale, è sempre sulle spine durante tutto il film. Non parliamo poi delle scene di sesso, la cui banalità è sconcertante. In una cosa, il film è meglio del drama: la straordinaria interpretazione di Kobayashi Satomi nei panni di Yoriko.
Un ultima nota. L'immagine diffusa ovunque di Rika affascinantissima rivestita di banconote è un bidone. Non compare in nessuna scena del film. [Franco Picollo]
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