28 novembre 2011 Lascia un commento
"Kamikaze Girls", nel titolo oscuri presagi in parte evocati.
E’ nota la mia passione per l’oriente e del resto non ho mai nascosto di appartenere ad una cultura immersa cuore ed anima nel manga style, anzi orgogliosamente dichiaro di appartenere alla prima generazione di fan nipponici, un Goldrake-maniaco alla quale non e’ ancora passata del tutto.
Con questo voglio solo dire che il linguaggio di "Kamikaze Girls" non mi e’ affatto alieno ma ugualmente iniziano ad essere significativi gli aspetti che non riesco bene ad inquadrare.
Momoko e’ una ragazzina carina ed innocua che non ha subito piu’ di tanto la dipartita della madre verso l’eterna giovinezza, il padre inetto al limite dell’idiozia e una strana nonna con un ancor piu’ strano passato.
L’unica sua mania e’ il rococo’ del XVIII secolo francese dal quale attinge abbigliamento e stile di vita, non senza fatica dovendo trascorrere le sue giornate nella Tokyo del 2000. Malgrado questo pero’ fara’ amicizia con Ichigo, una ribelle per necessita’ piu’ che per indole, un maschiaccio tutta moto e risse eppure malgrado le differenze caratteriali e di stile di vita, le due diverranno grandi amiche e sodali.
Si parlava di manga e dai manga nasce e muore il film, nel linguaggio e nella caratterizzazione dei personaggi.
Stessi colori, stesso montaggio, stesso taglio d’immagini, stessa trama e stesso testo.
Alcune parti animate ne confermano l’origine e le musiche di Yoko Kanno chiudono il cerchio.
Insomma, quasi un live action piuttosto che un lavoro originale che d’altro canto trae origine da una cosiddetta "light novel", letteratura misto comics, appunto.
Tutto molto carino, tutto molto simpatico, tutto quanto gia’ visto non fosse per l’amplificazione di molti dei caratteri, forse troppi al punto da confondermi su quale sia il target se non una sparata a largo raggio che comprende bambine preadolescenti, otaku in surplus ormonale e giovani uomini in cerca proprio di quel surplus di un tempo.
Ad ogni modo credo convenga non porsi troppe domande, farsi due risate, stupirsi ancora un pochino e passare ad altro un po’ piu’ allegri ma non meno perplessi di prima.
E’ nota la mia passione per l’oriente e del resto non ho mai nascosto di appartenere ad una cultura immersa cuore ed anima nel manga style, anzi orgogliosamente dichiaro di appartenere alla prima generazione di fan nipponici, un Goldrake-maniaco alla quale non e’ ancora passata del tutto.
Con questo voglio solo dire che il linguaggio di "Kamikaze Girls" non mi e’ affatto alieno ma ugualmente iniziano ad essere significativi gli aspetti che non riesco bene ad inquadrare.
Momoko e’ una ragazzina carina ed innocua che non ha subito piu’ di tanto la dipartita della madre verso l’eterna giovinezza, il padre inetto al limite dell’idiozia e una strana nonna con un ancor piu’ strano passato.
L’unica sua mania e’ il rococo’ del XVIII secolo francese dal quale attinge abbigliamento e stile di vita, non senza fatica dovendo trascorrere le sue giornate nella Tokyo del 2000. Malgrado questo pero’ fara’ amicizia con Ichigo, una ribelle per necessita’ piu’ che per indole, un maschiaccio tutta moto e risse eppure malgrado le differenze caratteriali e di stile di vita, le due diverranno grandi amiche e sodali.
Si parlava di manga e dai manga nasce e muore il film, nel linguaggio e nella caratterizzazione dei personaggi.
Stessi colori, stesso montaggio, stesso taglio d’immagini, stessa trama e stesso testo.
Alcune parti animate ne confermano l’origine e le musiche di Yoko Kanno chiudono il cerchio.
Insomma, quasi un live action piuttosto che un lavoro originale che d’altro canto trae origine da una cosiddetta "light novel", letteratura misto comics, appunto.
Tutto molto carino, tutto molto simpatico, tutto quanto gia’ visto non fosse per l’amplificazione di molti dei caratteri, forse troppi al punto da confondermi su quale sia il target se non una sparata a largo raggio che comprende bambine preadolescenti, otaku in surplus ormonale e giovani uomini in cerca proprio di quel surplus di un tempo.
Ad ogni modo credo convenga non porsi troppe domande, farsi due risate, stupirsi ancora un pochino e passare ad altro un po’ piu’ allegri ma non meno perplessi di prima.