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Kampala (Uganda) / La democrazia stenta a farsi strada

Creato il 05 maggio 2011 da Marianna06

Il grosso problema da risolvere e l'impegno di tutti (egoisticamente parlando come Europa), nel mondo d'oggi, dovrebbe essere proprio quello di gettare le basi reali, cercando strumenti e tracciati idonei, per costruire percorsi  effettivamente democratici nei diversi Paesi africani, oggi non più schiacciati dal peso del colonialismo militare e politico europeo di un tempo.

E mi fermo a colonialismo politico-militare, perché quello economico continua invece ad essere ben vitale ,un po' dovunque ,e sotto più o meno mentite spoglie.

E cioè quando  esso pulsa ,più nascostamente o talvolta anche più sfacciato , come  ad esempio, quello ad opera delle multi e transnazionali con etichetta americana, ma pure cinese e/ o coreana.

Prima ancora di ciò (cacciare lo straniero)  occorre, a mio parere, però vedersela con i dittatorelli delle più disparate etnìe indigene che, una volta conquistato il potere, fanno di tutto per non mollarlo più.

E il non mollare significa fare il proprio tornaconto essenzialmente in termini economico-finanziari.

Ossia accaparrare beni e ammucchiare tesoretti nelle banche estere a scapito del lavoro onesto e della fatica, talora disumana( vedi le miniere dove talvolta lavorano anche i bambini,ad esempio), della propria gente.

Se facciamo scorrere il dito sulla cartina geografica dell'Africa, nazione per nazione, difficilmente le nostre parole potranno essere smentite.

E lì ,dove ci hanno provato o ci stanno ancora provando a scacciare il "tiranno", l'impresa, simile a quella di Sisifo, continua costare "morte", tanta morte.

In queste ore, ad esempio, a Kampala, capitale dell'Uganda, dove da poco è succeduto a se stesso(tanto per non smentire il corso degli eventi) Museveni, gli avvocati del Paese  africano protestano di fronte  alla sede dell'Alta Corte in quanto un dirigente di un partito d'opposizione al regime,Kizza Besigye, che ha vivamente protestato per i brogli elettorali delle ultime elezioni, è stato arrestato e alla gente comune(manifestazioni popolari un po' dovunque e quindi non solo nella capitale) viene impedito di manifestare il proprio dissenso.

Il carovita in Uganda, come del resto in tuttal'Africa, è sì figlio della crisi internazionale ma anche e sopratutto di una politica interna, che ha sempre fatto figli e figliastri nei confronti delle popolazioni locali.

Un accettabile tenore di vita, senza nessuno sfarzo inteso all'europea ovviamente, è possibile solo per i politici locali e gli uomini  e le famiglie del loro entourage.

Cose vecchie. Dette e ridette.Sempre.

E di dissentire, di protestare....di far sentire la propria voce non se ne parla nemmeno.

Quando il Partito democratico(partito d'opposizione), domani, a Kampala, vorrà sfilare nel quartiere residenziale, quello  solitamente idoneo ad ospitare le parate del regime, saranno tafferugli garantiti ed intervento dei militari e della polizia locale.

In parole povere...repressione.

E nient'altro.E' questo che invece deve cambiare in Uganda e in parecchi  altri Paesi africani.

Democrazia e libertà non sono arresti arbitrari e non sono sfruttamento e ignoranza voluta(leggi sottomissione) nei confronti della povera gente.

Nè in Africa,né in nessuna altra parte del mondo.

Questo è il "giusto" combattimento che tutti gli uomini di buona volontà devono impegnarsi a fare.

E senza risparmio delle forze.

 

  A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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