Kandy

Creato il 30 marzo 2015 da Cristina

Randagia nel mondo

Kandy fai da te – 4 agosto 

Il treno arriva puntuale alle 2.20 a Peradenya. Grazie all’aiuto degli altri passeggeri è facile trovare il binario giusto dove attende la coincidenza per Kandy. Piove a dirotto. Rimango in stazione nella sala d’aspetto, sulle sedie di plastica. Nonostante il freddo, sono infastidita dalle zanzare. Mi copro con tutto quello che ho, mantellina impermeabile compresa. Non so come, mi abbiocco di brutto piegata di lato con la testa allo zaino, e quando riapro gli occhi sono le 7. Una sosta breve nei bagni lerci della stazione, e mi incammino a piedi in cerca di una pensione. Mi perdo ad una rotonda, un tuk tuk per 100 LKR mi porta sul lago alla base di Sarankara Road, la zona backpackers.

Questo angolo di città è verde e molto suggestivo, la via si arrampica sulla collina in mezzo a giardini e begli edifici. 

Siamo in periodo di Perahera, e dunque mi aspetto una lievitazione stratosferica dei prezzi delle sistemazioni, in ogni caso la mia intenzione è fermarmi solo una notte. Trovo una guesthouse che mi dà una stanza a 3000 LKR, ma decido di salire ancora ed arrivo alla Highest View Inn, il prezzo è un po’ alto, 5000, ma poiché ho appena risparmiato una notte dormendo in stazione penso che per una volta posso coccolarmi un po’. La mia stanza è carina, sui toni del rosa,

pulita, con vista mozzafiato sul lago,

tuttavia non la consiglierei perché i gestori a lungo andare risulteranno antipatici, ed il marito non farà altro che andare su e giù tutto il tempo per le scale, parlando a voce alta con il suo tono sgradevole, e disturbando. Il ristorante è caro. Mi chiedono subito soldi e passaporto come non si fidassero.

Faccio una doccia e, alle 9 di mattina, sono pronta ad uscire. Prima passeggio un po’ lungo le rive del lago,  mi sento in pace col mondo.  Inverto la rotta verso il centro. In zona Clock Tower è tutta un’altra storia, code, ingorghi, auto, bus, clackson, tuk tuk che slalomeggiano, elefanti, cani. Per caso mi trovo davanti al Muslim Hotel, che mi è stato raccomandato dalla ragazza cinese seduta vicino a me in treno, e sosto per colazione (35 LKR thè e dolcetti). Locale aperto sulla strada, grande, affollatissimo, con un enorme viavai, eppure vengo servita velocissimamente. Spicco comunque fra gli altri clienti, sono l’unica con la pelle pallidiccia ed una macchina fotografica a tracolla. Attraverso un enorme mercato nei paraggi, sembra un po’ l’India, ma più pulita e senza mucche. La pioggia fine cessa. Mi lascio attrarre dalle bancarelle che espongono tessili, ci sono pantaloni stile odalisca di tutte le fogge e colori, tanti con disegni di elefanti, e poi bluse, camicie, magliette. Se uno vuole fare acquisti del genere conviene fermarsi qui. Io purtroppo commetto l’errore di rimandare alla fine ma non troverò più questa abbondanza, c’è perfino da rimanere frastornati, tutti mi chiamano. Vado a perlustrare alcuni negozi di souvenirs, ci sono alcune catene, tipo Laksala e Odel, sempre nei pressi, ma già in un’aerea meno congestionata. I prezzi mi sembrano alti. Altri bianchi oltre a me, quelli dei viaggi organizzati. Nell’area stanno allestendo le tribune per la parata serale, si può comunque assistere dalla strada, ma bisogna sistemarsi molto tempo prima, diciamo nel primo pomeriggio, e poi non muoversi più.

Poiché il tempo è incerto, mi informo sui prezzi all’hotel Queen, lo storico edificio coloniale che si affaccia sul lago, e ad un tiro di schioppo dal tempio, perché le tribune sono sistemate sotto le arcate, e quindi riparate.

Forse arrivo troppo presto, e magari più tardi sarebbero scesi (nel pomeriggio infatti un posto sulle tribune dall’altro lato strada, non coperte, me l’hanno offerto a 3500 e magari c’era ancora margine di contrattazione), ad ogni modo da 6000 che eravamo partiti riesco a strappare 5000 LKR, e mi dicono di arrivare alle 18.30, quindi mezz’ora prima.

Archiviata la pratica per l’avvenimento più importante che mi ha portato in questa città sono tranquilla e mi dedico alla esplorazione della città, in primis il tempio sacro. C’è gran fermento di devoti del luogo perché sono i giorni più sacri dell’anno, ed a questo si aggiungono i turisti che arrivano a frotte per vedere la processione.

Al momento, nel tempio, gli elefanti sono tenuti in catene e foraggiati con foglie di palma.

I loro mahut li sorvegliano. Mi fanno una pena incredibile. Molti si dondolano nervosamente. Ammiro il tempio ma non entro, non ho voglia di pagare l’esosa tassa di ingresso, e vedere, ammesso che ci riesca, il dente di Buddha.

Non sono nemmeno le due e, accanto al perimetro esterno, che costeggia il lago, in un luogo dove non ci sono tribune già c’è gente accampata per il posto in prima fila e gratis.

Alcuni danzatori stanno facendo le ultime prove.

Vado in cerca di un dhaba dove far pranzo e poi mi compro alcune cose da consumare a cena durante la processione. Un rice and curry scadente al Mallden hotel mi costa 190 LKR più altre 60 di acqua, poi mi compro 105 LKR di dolcetti e 120 LKR di samosa e ciambelline salate.

Non avendo più nulla da fare, alle 18.30 mi accomodo come un abbonato in prima fila. Tutti i posti sembrano essere stati venduti, su ciascuna delle sedie in plastica è appiccicato un bigliettino con i nomi. I miei vicini sono una famiglia di americani con figlie già grandi, che girano con autista, e stanno in un hotel fuori dalla città, dove si sentono un po’ tagliati fuori, mi confida il papà.

La sfilata inizia alle 19.15 circa, prima giocolieri col fuoco, poi ballerini, e poi gli elefanti, in successioni alternate, con costumi dai colori diversi, come le gualdrappe dei pachidermi, il tutto inframmezzato da orde di sbandieratori e bande con trombe e tamburi

In poche parole: due ore di spettacolo da non perdere. Lo Sri Lanka, dal lato manifestazioni religiose, non delude le mie (alte) aspettative.

 Ultima sorpresa, prima di rientrare: alcune parti della città splendidamente illuminate.

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