Il significato della parola Kiai è “armonia/unione del soffio/energia vitale”, traducendo dal giapponese KI (soffio o energia vitale) e AI (contrazione del verbo “awazu” = unione-armonia). Il Kiai , nella tradizione delle scuole marziali giapponesi, è esteriormente visto, o meglio sentito, come l’urlo del praticante nel momento culmine di un kata e in genere nella simulazione tecnica di un contrattacco.
Personalmente ritengo alquanto riduttiva questa considerazione, in quanto il “Kiai” per me esprime la massima interiorità della tecnica che si esegue, una potente espirazione che si libera partendo dall’hara (zona addominale del dan-tien inferiore) e fuoriesce dalla bocca.
La tradizione esoterica nipponica attribuisce al Kiai il potere di concentrare il proprio spirito e di unirlo a quello dell’avversario al fine di dominarlo.
Nel corso della pratica, in particolare del karate ma in seguito anche nello Iaido, ho riscontrato le più disparate interpretazioni di questo ottavo elemento del Kata. Spesso dovevo trattenere le risate nel sentire alcuni ragazzini sparare urli pari a quelli scaturibili da un pestone al piede… A volte il suono del Kiai era invece così flebile, quasi impercettibile, che bisognava essere a pochi centimetri di distanza dall’esecutore per sentire qualcosa. Io ho sempre cercato una via di mezzo, senza irritare le corde vocali all’inizio è stata dura, poi col tempo ho allenato quest’aspetto del Budo che ritengo fondamentale.
Avere un buon kiai è sinonimo di sicurezza, fiducia in se stessi, oltreché generare a livello esteriore un suono degno di un samurai. Per eseguirlo occorre provare, molte volte, a generare aria a livello dell’addome, per poi indirizzarla con un movimento deciso del diaframma verso l’alto, fino alla bocca. Senza alcuno spostamento nello spazio, senza ricorrere ad alcuna tecnica di attacco o difesa, semplicemente occorre respirare efficacemente.
Il Kiai richiede una grande concentrazione. Può essere e messo il tonalità bassa o alta, ma sempre deve contenere le premesse di una totale libertà interiore. Mai forzato! Il baricentro, zona dell’hara, sarà abbassato mediante la contrazione dei muscoli addominali e la voce regolata ed emessa da questa concentrazione viscerale dovrà esplodere ed espandersi come se in quell’istante si decidesse la vita o la morte.
Lo spirito deve essere liberato e privo di inibizioni o di rumori ambientali, e l’urlo risultante sarà la sintesi di una presa di coscienza, l’intuizione di un momento essenziale. Molto utile sarà l’esercizio graduale per dominare la propria voce e sfruttarla appieno sia nei toni bassi che in quelli alti e la messa in pratica dei Kata addominali per sviluppare la mobilità del diaframma. Ti riesce facile questo esercizio?
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