Data: 19 marzo 2013 Autore: Stefano Bresciani
Il Maestro Funakoshi, in questo undicesimo principio, intendeva semplicemente che il Karate, come qualsiasi altra arte del Budo, richiede una pratica costante e duratura. Esercitandoci con regolarità in un kata o in qualsiasi altra parte della didattica, possiamo osservare i progressi e quindi raccogliere dopo il tempo necessario i frutti di ciò che abbiamo seminato.
Chi salta frequentemente le lezioni per impegni o altri indifferenti motivi, molto probabilmente non sentirà lo stesso miglioramento di altri compagni che invece praticano con regolarità, non potranno avere le stesse energie fisiche e mentali di chi viene al dojo ogni lezione, non potranno mai dedicare il tempo necessario a intraprendere rispettosamente il “do”, la via.
il vero karate è come l’acqua bollente, si raffredda se non provvedi a mantenerla costantemente in caldo.
Significa proprio tenere accesa la “fiamma dell’entusiasmo”, della voglia di imparare, di crescere, di divertirsi, di dedicarsi seriamente alla pratica dell’arte, in una forma di autodisciplina che responsabilizza il praticante sull’esserci, giorno dopo giorno, nonostante gli impegni, la stanchezza, talvolta la malavoglia o che altro… Si frequenta un dojo non per passatempo, ma perché in quel luogo si incontrano persone che, come noi, hanno a cuore l’insegnante, i compagni stessi, hanno rispetto per l’arte e per se stessi, quindi vogliono mantenere vivo il calore generato dall’entusiasmo iniziale, che ha permesso lo sbocciare di questa passione per il Budo, di vivere costantemente per un obiettivo, quello del miglioramento. E il miglioramento nell’arte nasce solo da quanti passi facciamo, uno dietro l’altro…
Studiare attraverso la pratica è come spingere un carro su una collina, se rallenti, il carro scivolerà indietro. (Proverbio giapponese)