Stavo leggendo un libro sotto un pino che si intitola ‘Le pratiche del disgusto’, è di Ugo Cornia. Oggi mi sentivo ispirata con questo titolo che girava in testa così sono entrata in libreria con passo fiero e l’ho acquistato. Dunque in un determinato punto di questo libro c’è scritto di una che è uno di quei personaggi che si costituiscono per osmosi a partire dall’aria che hanno intorno, in tutto quello che l’aria può avere di inquinato e inquinante, vedendolo, pestandolo, toccandolo e respirandolo, un respiro di qua, un respiro di là, dai un’occhiattina e vedi un tocchettino di merda e l’assorbi, e così via, agglomerandosi addosso tutta la merda dell’epoca.
E intanto che mi passava questa cosa sotto gli occhi mi passavano sopra la testa numerosi piccioni in stormo, e ho pensato che sarebbe stato molto coreografico se in quel momento uno di questi mi avesse cagato in testa. Ciò non è accaduto e, con una vena di rammarico, non posso scriverne. Ma in compenso mi ha fatto pensare a quando stavo fuori da una biblioteca a sentire uno che un po’ gli facevo il filo e che a sua volta non è che esattamente mi considerasse [oserei dire che non mi cagava proprio]. In quel momento lì specifico in cui stavo ad ascoltare non mi ricordo che, è successo davvero, che un piccione gli ha cagato diritto in testa, esaurendo in un istante tutti i bonus colpo-di-scena-scenografico che puoi avere nella vita. O almeno per qualche anno.
E già che sosto sotto a un pino volevo dire che da piccola piccola a Roma c’era un bambino del palazzo che si chiamava Pino e mi chiamava cordialmente Ambecille!, tutto attaccato e col punto esclamativo. Recentemente, ho saputo che è caduto in disgrazia.