Hamid Karzai è un maestro di sopravvivenza della politica afghana. Ha diretto gli affari afghani per più di un decennio fino ad ora. I suoi periodi di servizio, prima come presidente dell’amministrazione ad interim e poi di quella di transizione e, successivamente, come presidente eletto per due mandati, rappresentano un carattere distintivo nella tumultuosa politica afghana. A partire dal rovesciamento della monarchia nel 1973, Karzai è probabilmente l’unico capo di Stato afghano, e anche eletto, ad essere sopravissuto così a lungo in un paese dominato da comandanti aggueriti dal combattimento e da centinaia di milizie. Fatta eccezione per una breve esperienza come vice-ministro nel primo governo dei mujahiddin nel 1992, non aveva molte altre competenze da mostrare nella politica nazionale al momento della sua nomina a presidente dell’amministrazione ad interim post-talebana nel dicembre 2001. Anche se suo padre era stato il vice-presidente del primo parlamento afghano negli anni ’60, Karzai era più o meno un nuovo arrivato della scena politica afghana.
Praticamente senza il supporto di una base di massa, il lungo decennio politico di Karzai è una testimonianza della sua maestria e abilità d’azione nella complessa rete rappresentata dal vecchio e dal nuovo sistema di potere politico in evoluzione. Una volta deriso come il “sindaco di Kabul”, ha dimostrato spesso il tatto di uno stratega nell’affrontare le sfide poste alla sua autorità. Individualmente e in senso stretto dal punto di vista politico, non è né un leader regionale né uno di tipo nazionale all’interno dell’Afghanistan. La sua base d’appoggio, se ne possiede una, è quella meno definita nel labirinto politico rappresentato dall’Afghanistan. Forse, la sua più grande risorsa è la sua indefinita base di supporto, a livello politico e sociale.
Ha collaborato con successo e allo stesso tempo indebolito i suoi avversari provenienti dal Nord giocando sui divari politici esistenti tra di loro. Ha finora ostacolato tutti i tentativi operati da parte delle fazioni non-pashtun nel creare un’opposizione politica unita alla sua autorità. Si è occupato delle politiche tribali dei pashtun del Sud e ha cooptato gli “ex” talibani nelle strutture amministrative locali e nel suo Consiglio afghano per la Pace. Tuttavia, non è riuscito a completare il suo successo nel mantenere la leadership del Nord, divisa nella costruzione di un supporto tra i gruppi etnici a lui vicini nel Sud e nell’Est. L’uccisione di suo fratello, che era a capo del consiglio provinciale di Kandahar, e la crescente influenza dei Talibani, hanno sostanzialmente indebolito la suo posizione nel cuore dei territori pashtun. Può aver avuto diverse limitazioni nell’esercitare la sua autorità, ma oggi appare sicuramente molto più indipendente dai suoi sostenitori esterni rispetto ai suoi più temibili avversari, siano essi i Talibani o gli Haqqani.
Un tempo favorito in Occidente, Karzai è stato di recente oggetto di forti critiche e derisioni. Nonostante i continui attacchi alla sua credibilità come leader da parte dei suoi supposti alleati come dei nemici, è emerso da una crisi all’altra, né guadagnando né perdendo molto nella sua unica posizione nella politica afghana. Molto è stato detto a proposito della sua sfacciata personalità, incluso il suo stile, ma rimane ancora il collegamento fondamentale per l’impegno occidentale in Afghanistan.
Il presidente Karzai è stato recentemente artefice di tre mosse politiche che non possono essere semplicemente liquidate come meri espedienti. Sono stati attentamente valutati i tempi, collegandole al processo di transizione della sicurezza, e sono significative dal punto di vista della postura pubblica per il periodo fino al 2014. In primo luogo ha recentemente firmato un memorandum d’intesa su due questioni molto controverse con gli Stati Uniti – la prima riguardante il trasferimento dei prigionieri dal controllo statunitense a quello del governo afghano; e la seconda concernente maggiore controllo ed autorità da parte del governo sui raid notturni operati dalle forze occidentali. I comandanti militari statunitensi si sono dimostrati riluttanti nel favorire qualsiasi tipo di concessione su queste questioni in quanto erano considerate aspetti fondamentali per l’impegno statunitense in Afghanistan. Tutto ciò ha infine aperto la strada alla firma del tanto atteso accordo di partenariato strategico tra i due paesi nel mese di maggio.
In secondo luogo, Karzai ha nominato Salahuddin Rabbani nuovo presidente del Consiglio afghano per la Pace che è responsabile per la ricerca di una riconciliazione con i talebani. La carica era rimasta vacante per quasi sei mesi da quando il suo primo presidente, Burhanuddin Rabbani, era stato ucciso nel settembre 2011. La nomina del figlio di Burhanuddin, Salahuddin Rabbani, come suo successore è stata una mossa ben congegnata da Karzai. L’idea non era solo quella di far rivivere il Consiglio afghano per la Pace, dal momento che gli Stati Uniti fanno le proprie mosse nella questione della riconciliazione con la leadership talebana, ma anche garantire che la fazione tagika più potente continui a partecipare all’iniziativa promossa da Kabul.
In terzo luogo, ha proposto che il processo di transizione per il controllo della sicurezza dalle forze occidentali a quelle afghane, così come le prossime elezioni presidenziali, siano completate nel 2013, un anno in anticipo rispetto alla scadenza del 2014. Probabilmente l’idea non è tanto quella di ridurre la dipendenza di Kabul dall’Occidente, in quanto permangono l’intenzione di preservare l’attuale sistema politico dopo il 2014, così come il rafforzamento della posizione di Kabul attraverso un maggiore controllo sugli aiuti internazionali e la prolungata presenza occidentale in Afghanistan.
Ma Karzai cos’ha esattamente da guadagnarci in tutto ciò per il suo futuro politico? E che cosa succederà se le elezioni non si terranno affatto nel 2014 o negli anni successivi?
Karzai ha dichiarato che non si candiderà per un altro mandato come presidente, ma allo stesso tempo non ha precisato i suoi piani futuri. Non molti in Afghanistan sono disposti a giudicare la sua dichiarazione per quel che sembra. Pertanto, favorendo le mosse politiche precedentemente descritte, Karzai si sta preparando per il 2014? Non è chiaro che tipo di transizione politica potrebbe esserci nel 2014-15, o che tipo di accordo politico emergerebbe nel caso in cui le elezioni non si tenessero o se i risultati fossero rifiutati in massa: se l’attuale governo continuerebbe le elezioni in corso o se sarebbe formato un governo di transizione, o se emergerebbe una nuova coalizione comprendente alcune fazioni. Lo scenario peggiore sarebbe una battaglia civile senza la presenza di un’autorità a Kabul. La rielezione di Karzai necessita una revisione delle disposizioni costituzionali relative alla candidatura presidenziale. Tale mossa può effettivamente portare a una crisi costituzionale. E’ interessante notare il fatto che Karzai non sembra indicare nessuno come suo successore neanche all’interno del proprio nucleo di confindenti.
Da politico esperto, Karzai sa come suonare melodie differenti per diverse tipologie di pubblico. Avrebbe potuto essere di supporto alle più conservatrici leggi del suo paese, eppure potrebbe ancora risultare accattivante alla comunità internazionale per le sue idee universalistiche e liberali. Può arrabbiarsi terribilmente con i suoi alleati occidentali ed essere ancora loro ammiratore per la generosa assistenza. Una volta ha persino minacciato di dimettersi in seguito alla questione legata all’attenuazione dei poteri presidenziali, e talvolta ha persino parlato di potersi unire ai ranghi dei Talibani. Ogni volta che è stato posto sotto pressione, è stato in grado di mettere i suoi avversari sulla difensiva.
Tutti gli sforzi calcolati atti a sostenere delle alternative politiche a Karzai hanno finora fallito il loro obiettivo. Ma allora che cosa succederà quando il suo secondo e ultimo mandato presidenziale, come previsto dalla Costituzione afghana, si concluderà nel 2014? Che cosa significa tutto ciò per la sua carriera politica, il suo ruolo e la sua successiva posizione? Karzai rappresenta una componente molto importante, anzi un protagonista chiave, della politica afghana qualsiasi cosa accada nel 2014 e oltre. E’ stato relativamente assertivo e in particolare ostinato a proposito di alcune questioni riguardanti l’accordo di partenariato strategico con gli Stati Uniti. Anche se ciò non l’ha aiutato molto a puntellare la sua posizione a livello interno, ha certamente rafforzato la sua autorità costituzionale e il suo controllo sugli affari internazionali dell’Afghanistan.
A meno che non succeda qualcosa di inaspettato, è poco probabile che Karzai scompaia politicamente per conto suo. E’ probabile che egli non condividerà neppure il destino dell’ex presidente Najibullah. Forse, l’instabilità politica dopo il 2014 potrebbe favorire una situazione completamente nuova e differenti opportunità. Una fallita transizione politica nel 2014, l’assenza di una leadership accettabile a livello nazionale o la mancanza di consenso all’interno della prossima classe dirigente, potrebbero spianare la strada per il proseguimento di Karzai almeno come figura politica di primo piano. In tempi di diplomazia della porta accanto e di mediazioni, la sua abilità politica e l’esperienza nel bilanciare divergenti interessi di vari attori potrebbero assicurargli un ruolo di primo piano nel modellare il nuovo assetto politico. Tuttavia nel caso in cui Karzai calasse il suo asso nella manica, anche lui potrebbe avere grosse sorprese.
(Traduzione dall’inglese di Francesco Brunello Zanitti)