Kate Atkinson – Aspettando buone notizie (#JacksonBrodie)

Creato il 20 marzo 2015 da Povna @povna

Come aveva annunciato la settimana scorsa, la ‘povna chiude il cerchio (provvisoriamente) con Jackson Brodie e Kate Atkinson, parlando del volume recentemente pubblicato da Marsilio (Aspettando buone notizie, tr. it. di Ada Arduini, pp. 378, Euro: 18,50) e terza puntata della serie.
Si tratta di un romanzo che la ‘povna aveva già acquistato e letto in lingua originale alcuni anni fa (nel 2009, precisamente, e proprio a York, città natale della Atkinson, dove aveva trascorso un giorno unico, e bellissimo, di unica vacanza, dormendo in un B&B parecchio alternativo (e comodissimo) e passando la giornata a leggere e guardare alacremente la città.
Il romanzo, già allora, le era piaciuto molto: ne aveva ammirato la costruzione raffinata, eppure solida, a piani temporali scomposti – così come una focalizzazione multipla che, applicata a un poliziesco, può rivelarsi a doppio taglio (ma quando è ben gestita fa miracoli); aveva apprezzato, molto, il gioco con la serialità del personaggio protagonista, consapevole, ma nello stesso tempo mai eccessivo; aveva avuto modo di notare, da subito, come la vocazione fuori-genere dell’autrice si fosse dispiegata, in questo terzo step, con abilità e passione. Il risultato è un romanzo che è riduttivo definire ‘soltanto’ poliziesco; se giallo deve essere, lo è nell’accezione postmoderna del genere: quella cioè del mistero metafisico nel quale (la ‘povna lo ha ricordato spesso, è la vita, non la morte, che deve essere risolta). E in cerca di soluzioni non ovvie per la trama della propria esistenza sembrano, in effetti, tutti i personaggi coinvolti: i vecchi (Brodie e la sua ex-aiutante Louise, che si ritroveranno imprevedibilmente a Edimburgo), come i nuovi: la dottoressa Hunter, che è scampata a una tragedia sconvolgente quando era molto piccola, e ora che si è rifatta una vita perfetta la difende con l’oltranzismo integerrimo di chi già una volta ha perso tutto, e non ha più intenzione di accettare dalla vita compromessi; la giovanissima Reggie, ragazzina prodigio, appassionata, intelligente, restata orfana e con un fratello maggiore malvivente che, arrivata per caso nell’orbita di Joanna Hunter come “aiuto domestico”, è ben decisa a non lasciarsi scappare la sua occasione di fuga culturale, affettiva, sociale. Intorno a loro si muove una fitta schiera di comprimari – taluni nuovi, taluni provenienti dalle puntate precedenti – ciascuno con il suo filo da dipanare, ciascuno con le sue luci e le sue ombre, che una serie di eventi legherà poi in un luogo (Edimburgo) e in un evento (un disastro ferroviario), in mezzo a una rete di misteri che Brodie e Louise si troveranno, per caso, lavoro e scelta, a dover dipanare.
La rilettura in italiano conferma, da questo punto di vista, l’ottimo giudizio originale, cui si aggiunge quello per una traduzione encomiabile. In più, con alcuni anni di letture in più che la ‘povna ha ora sulle spalle, si possono aggiungere, adesso, almeno un paio di osservazioni intertestuali. La prima riguarda un possibile modello: quello di What was lost (che la ‘povna ha recensito questa estate), perché un certo sguardo sociale, così come il personaggio di Reggie, sembrano dettare alla Atkinson un solco da seguire con acutezza; il secondo riguarda invece, viceversa, la serie poliziesca inaugurata da Rowling-Galbraith, perché il personaggio di Cormoran Strike si ispira con intelligenza a Jackson Brodie.
Proprio per questo la ‘povna si sente di consigliare la lettura del romanzo a chi ama i polizieschi, ma non solo, perché l’abilità di costruire affreschi romanzeschi di Kate Atkinson è grande, e questo libro getta una serie di sguardi, e riflessioni, sulla società contemporanea cui vale la pena non rinunciare.

Con questo post la ‘povna partecipa al venerdì del libro, come sempre, e anche alla settimana etica proposta da Iomemestessa. Con la precisazione che questo romanzo non è il primo pensiero quando si parla di morale, ovvio; pur tuttavia, il genere poliziesco, in sé, moralista fin dalle sue origini, così come la vocazione dell’autrice, individualmente, si avvicinano in maniera esplicita, con consapevolezza, a quel grande tema del dover essere che ogni individuo dovrebbe, nella sua esistenza, praticare.


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