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Kathmandu: smart city

Creato il 10 luglio 2015 da Cren

Kathmandu: smart cityThapathali, Teku erano i quartieri che chiudevano a sud la vecchia Kathmandu; c’erano templi antichi e dilapidati sulle rive del sacro fiume Bagmati. Già decenni orsono era un area abbandonata malgrado fosse d’interesse storico, artistico e religioso. Negli ultimi 20 anni, come in altri 60 insediamenti lungo i fiumi (Bagmati, , Bishnumati, Manahara) che attraversano la Valle, sono comparse le baraccopoli costruite da oltre 50.000 nepalesi fuggiti dai villaggi delle colline o del Terai per paura della guerra, mancanza di terra, cercare fortuna. Come nell’antichità gli insediamenti sono nati dove c’era acqua per lavare e per cucinare anche se imbevibile.

Due anni fa raccontai, l’allontanamento dei senza tetto dal lungo fiume di Tel,  sulla strada che va a Patan. Purtroppo, in tante parti di Kathmandu, ci troviamo le tendopoli dei terremotati che, speriamo, non diventino definitive e che, fra qualche anno non ci toccherà riscrivere:

Scene tristi sul fiume secco e sporco, circa 300 baracche sono state demolite, le cianfrusaglie dei poveretti schiacciati dai bulldozer (comprati con i soldi dell’assistenza internazionale), bambini e donne piangenti, stracci dappertutto e giovani incazzati che si picchiavano e tiravano pietre alla polizia: 12 feriti e una trentina d’arrestati. Lì nella curva del fiume vivevano 2000 persone da oltre 10 anni, i bambini andavano a scuola, qualche fortunato genitore a labvorare, le donne cucinavano sui fornelletti a gas o cherosene, erano certi di rimanere.

La baraccopoli è’ chiamata UN Park, perché sulla strada che porta ai lussuosi compound degli uffici e delle case dei burocrati internazionali. Tutti i giorni passavano da lì nelle belle jeep bianche e vedevano le baracche, i poveracci accovvacciati per terra che accendevano fuochi con qualche pezzo di legna, i bambini che uscivano dai teli, vestiti con stracciate divise scolastiche e se ne sono impippati. Unico segno d’attenzione un bel report patinato dell’Unicef (sugli urban children) e della World Bank che racconta la caotica urbanizzazione. Entrambi i rapporti suggeriscono i rimedi, senza aver fatto niente per controllare e limitare i problemi. Anche a Teku, l’unico intervento strutturato, è stato quello della polizia. Donatori e governi hanno lasciato che, per 20 anni, i problemi crescessero, non si è fatto niente per creare le condizioni perché questa gente rimanesse nei villaggi, non si è intervenuto per risanare o creare abitazioni civili.
Nel frattempo, il governo di allora guidato dal maoista Bhattarai  inizia a  creare la  “shining Kathmandu” con strade larghe, centri commerciali, fioriere, giardini. Scrissi allora: Tutta la spazzatura, umana e materiale doveva essere rimossa e in fretta. Lo stesso è accaduto lungo tutte le principali vie di comunicazione verso Dhulikel e a Tankot verso Pokhara, il Terai: Kalanki-Rabhi bhawan section, Maitighar e Tinkune. Solo nelle aree centrali di Kathmandu, Baneshwor e Lazimpath, dove vivono i più benestanti, l’abbattimento è stato limitato e lento.


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