Chi è Keiji Inafune e come è nato ed è andato in declino il mito del Blue Bomber di Capcom?
Monografie è una rubrica a cadenza mensile che racconta i momenti essenziali nella storia di alcune società, franchise o personaggi di spicco nel mercato videoludico.
L'ingresso di Mega Man nel roster dei personaggi del prossimo Smash Bros. è stato un vero e proprio colpo al cuore per i fan dell'androide blu di Capcom, praticamente uscito di scena da qualche anno e in attesa da tempo di un titolo tripla A in cui fare il protagonista per la gioia di chi, sopratutto, ha imparato a conoscerlo ai tempi del NES.
Keiji Inafune
Il rancore da parte della comunità dei videogiocatori nei confronti di Capcom e del trattamento riservato a Mega Man non è una novità: basti pensare al famigerato Mega Man Legends 3 per Nintendo 3DS, annunciato e poi cancellato. La presenza di Mega Man in Smash Bros. per Wii U e 3DS, insomma, potrebbe significare che Capcom ha rinnovato il suo interesse nei confronti del franchise, oppure che il Blue Bomber è destinato ad assumere definitivamente il ruolo di comparsa. Chissà che ne pensa Keiji Inafune, quello che potremmo definire il suo papà e uno dei più prolifici e importanti collaboratori di Capcom degli ultimi trentanni.
L'uomo sasso
Keiji Inafune nasce a Kishiwada, Osaka, nel maggio del 1965, e a ventidue anni, poco dopo essersi laureato, viene assunto da Capcom come illustratore. Il primo progetto che gli viene affidato è quello del primissimo Street Fighter, per il quale Inafune inventa il personaggio di Adon (che sarebbe poi tornato alla ribalta solo dieci anni dopo). In quel periodo Capcom stava anche cercando di sfruttare il più possibile il NES di Nintendo e perciò, avendo notato l'ottimo lavoro svolto da Inafune con Street Fighter, decise di affidargli un progetto completamente nuovo che non fosse l'ennesimo porting.
Mega Man
Sarebbe stato un platform a scorrimento orizzontale e verticale con elementi da sparatutto. Il protagonista doveva essere un androide in grado di impadronirsi dei poteri dei suoi nemici, cambiando colore di conseguenza; si pensò a vari nomi, da Knuckle Kid a Rainbow Man, ma alla fine vinse Rockman. Due i motivi di questa scelta: primo, un elemento chiave nel sistema di gioco sarebbe stata la meccanica della morra cinese e quindi del sasso ("rock") che vince sulla carta, e poi Inafune adorava riempire i suoi progetti di citazioni musicali. Non a caso, Rock viene creato dal dottor Light insieme a una androide di sesso femminile chiamato, per l'appunto, Roll. Prima di Rock era stato creato anche Blues, giustamente, ma quello che Light non sa è che il suo concorrente pazzo, il dottor Wily, ha messo le mani su Blues e ha scoperto come riprogrammare gli androidi creati da Light. Rockman deve quindi sconfiggere gli otto robot impazziti e l'esercito di macchine costruite dal dottor Wily, boss finale del gioco.
Mega Man, 1987
Rockman arriva in occidente cambiando nome: diventa Mega Man, perché a Joe Morici, allora presidente della divisione consumatori di Capcom, il titolo sembrava orrendo. Inafune disegnò logo, copertina e manuale tutto da solo; per buona misura, sviluppò anche il design di Rockman seguendo le indicazioni del suo capo Akira Kitamura, scegliendo l'azzurro come colore predefinito dell'androide dato che il NES produceva soltanto una manciata di colori e tutti tendenti all'azzurro. Da allora, i fan avrebbero cominciato a chiamare Mega Man il "Blue Bomber". Inafune si ispirò ai manga e all'animazione giapponese, sopratutto all'Astroboy del grande Osamu Tezuka. Forse fu proprio per lo stile tanto nipponico che Mega Man non riscosse il successo sperato, sopratutto in occidente. Le vendite andarono bene, ma secondo Inafune si poteva fare di più: dopo aver pregato la Capcom di dare un'altra chance al nuovo franchise, il team di Inafune completò alcuni progetti ancora in ballo (Legendary Wings e Professional Baseball Murder Mystery) e poi si dedicò interamente a Mega Man II.
Mega Man VII, 1995
Rilasciato in Giappone nel 1988 e in Occidente nel '89, il sequel riscosse un successo insperato proprio perché Inafune e i suoi ragazzi avevano migliorato ulteriormente grafica, musica e gameplay. Fu a quel punto che Capcom si rese conto di avere per le mani una gallina dalle uova d'oro: l'appuntamento con Mega Man divenne praticamente annuale e il franchise fu serializzato sempre più velocemente, anche a scapito della sua qualità. Inafune, per esempio, si lamentò di aver dovuto rilasciare Mega Man III senza completare al cento percento il suo sviluppo, lasciandosi alle spalle una fetta di gioco che glielo fece diventare uno dei lavori di cui si sentiva meno soddisfatto. La serie proseguì per anni e anni, generando svariati spin-off e diventando via via più complessa ed elaborata: se nel primo Mega Man si saltava e si sparava e basta, nelle ultime iterazioni si poteva scivolare, caricare un colpo di blaster condensato, utilizzare il cane bionico Rush e altri compagni per risolvere piccoli rompicapi, e via dicendo. Ad oggi, la serie madre conta dieci episodi ufficiali, vari spin-off e una quantità esagerata di porting.
Tutti gli altri Mega Man
Alla fine del 1993, Capcom spostava il franchise di Mega Man su Super NES con il primo episodio di quello che sarebbe diventato forse il suo spin-off più popolare: Mega Man X. Capcom vedeva la nuova console Nintendo come una macchina "più adulta", e così chiese a Inafune di progettare uno spin-off dalle atmosfere più cupe e serie.
Mega Man X 3, 1993
Inafune si mise a lavoro, preparò insieme al suo staff un nuovo setting: sono passati cento anni dalla serie originale, e il mondo è ormai in mano agli androidi dopo che uno scienziato, il dottor Cain, ha trovato e replicato l'androide X, una versione avanzata di Mega Man costruita dal dottor Light e sigillata per via della sua capacità di decidere per conto proprio. Ora ci sono androidi buoni o cattivi: quest'ultimi sono soprannominati Maverick e consegnarli alla giustizia è il lavoro dei Maverick Hunter. Curiosamente, Inafune avrebbe voluto che il protagonista di Mega Man X fosse... Zero, il famoso androide rosso con la chioma bionda, ma Capcom impose a Inafune di proseguire sul sentiero già tracciato dalla serie originale.
Mega Man Legends 2, 2000
Inafune la ebbe vinta soltanto nel 2002, quando diede inizio a un nuovo spin-off intitolato Mega Man Zero, per Game Boy Advance, ambientato in un futuro ancora più remoto con protagonista un Zero più armato di un G.I. Joe. La serie X cominciò su Super NES, proseguì su PlayStation, Saturn e PC passando per GameCube e Game Boy Color, e si concluse su PlayStation 2: conta otto episodi ufficiali e uno spin-off RPG sottotitolato Command Mission. Bisogna sottolineare che Inafune smise di occuparsene dal quinto capitolo in poi, tornando in veste di produttore esecutivo soltanto per Mega Man: Maverick Hunter X, il remake del primo episodio per PlayStation Portable.
Mega Man Zero 3, 2004
Se facciamo un piccolo passo indietro nel tempo, scopriamo inoltre che Inafune e Capcom ci avevano preso gusto con gli spin-off già a partire dal 1997, quando avevano dato vita a un universo alternativo per PlayStation e Nintendo 64 in cui Mega Man Volnutt è una specie di archeologo e il gioco è un'avventura in terza persona completamente poligonale: si tratta di Mega Man Legends (Rockman Dash! in Giappone), un punto di vista alternativo sul franchise che si ritagliò una nutrita schiera di fan sopratutto per via dell'interessante caratterizzazione di mondo e personaggi. Una degli antagonisti di Mega Man, Tron Bonne, fu talmente apprezzata che Capcom le dedicò un episodio tutto suo due anni dopo (The Misadventures of Tron Bonne) e la inserì nel roster di Marvel Vs Capcom 3 insieme a Zero di Mega Man X. Questa serie, comunque, si concluse repentinamente con Mega Man Legends 2 nel 2000. Per anni si vociferò di un sequel, ma ogni volta Capcom sembrò zittire le voci, fino a farsi strappare una promessa, poi non mantenuta, per un terzo capitolo su Nintendo 3DS. Torniamo ai primi anni 2000, ora, perché è lì che Inafune ha finalmente la possibilità di sbizzarrirsi e mettere a frutto tutte quelle idee maturate nel corso degli ultimi dieci anni:
Mega Man Battle Network 4, 2003
comincia con Mega Man Battle Network (Battle Network Rockman EXE, in Giappone) per Game Boy Advance, creando un universo alternativo o un futuro remotissimo - non è mai stato chiarito - in cui il cyberspazio interagisce con la realtà. Il gioco è un RPG isometrico con i combattimenti action basati su uno strano ma interessante sistema di "carte": la serie ottiene un successo straordinario e in Giappone viene prodotta la prima serie animata moderna interamente dedicata a Mega Man, dopo un decennio fatto di cammeo (i più popolari nella serie Captain N, the Game Master arrivata da noi come Un videogioco per Kevin) e produzioni low budget. Mega Man Battle Network (sei episodi, senza contare un platform per Game Cube) genera a sua volta la serie spin-off/sequel Mega Man Star Force per Nintendo DS. È un po' quello che succede con Mega Man Zero, considerato da molti il vero erede spirituale di Mega Man X: dopo quattro episodi genera un affascinante spin-off/sequel intitolato Mega Man ZX che mischia un po' tutte le principali caratteristiche dei vari franchise con un sistema di progressione ispirato a Super Metroid. Con l'ottimo sequel Mega Man ZX Advent, nel 2008, è l'ultima volta che al Blue Bomber viene dedicato un gioco tutto nuovo...
Tutti gli altri Inafune
Mega Man tornò infatti alla fine del 2008 in una versione inaspettata: Inafune e il suo team di Inti Creates avevano sviluppato Mega Man IX rispettando lo stile e il gameplay del suo Mega Man preferito, il secondo. Secondo Inafune, grazie al successo della Virtual Console di Nintendo era giunto il momento di adottare uno stile retrò e fare contenti i grandi fan di Mega Man che aspettavano il grande ritorno del Blue Bomber.
Mega Man Universe, cancellato
Magari non se l'aspettavano in salsa vintage, ma Mega Man IX e il successivo Mega Man X si sono fatti apprezzare proprio per la genuinità di un gameplay che dopo tutti questi anni resta ancora solido senza il bisogno di poligoni o texture all'ultimo grido. Ciò nonostante, era chiaro ormai a tutti che il franchise stava subendo una fortissima crisi d'identità. Lo confermò il caso Mega Man Universe: sarebbe dovuto essere un platform con elementi RPG basato sul gameplay di Mega Man II e quindi senza troppi fronzoli. I giocatori avrebbero potuto personalizzare il loro Mega Man e creare i propri livelli grazie a un potente editor. Niente di tutto questo si avverò, perché Inafune lasciò Capcom alla fine del 2010 per "ricominciare da capo", fondando una nuova software house chiamata Comcept. Mega Man Universe - che a ulteriore conferma della crisi di identità si sarebbe chiamato così anche in Giappone - fu rimandato per apportare delle modifiche alla criticatissima direzione artistica, e poi cancellato nella primavera del 2011 per ragioni mai chiarite ufficialmente.
Onimusha 3, 2004
La successiva cancellazione di Mega Man Legends 3 e della versione occidentale del deludente Rockman Xover per iOS hanno finito col mettere un enorme punto interrogativo a un franchise che sembra ormai vivere di cammeo e progetti amatoriali (come il discreto Street Fighter X Mega Man dello sviluppatore Seow Zong Hui di Singapore). Sarebbe sbagliato, comunque, incorniciare il lavoro di Inafune nel solo multiverso del Blue Bomber. È importante ricordare, infatti, anche il suo contributo nella creazione e nello sviluppo di due importantissime proprietà intellettuali: Onimusha e Dead Rising. La serie di Onimusha esordisce nel 2001, originariamente pensata come una versione "ninja" di Resident Evil per PlayStation e poi dirottata su PlayStation 2 nella sua forma definitiva così come modellata da Inafune, e cioè un'avventura in terza persona ambientata nel Giappone medievale. Originariamente pensata come una trilogia, la lotta tra Samanosuke Akechi e Nobunaga Oda ha generato invece un quarto episodio, Dawn of Dreams, e vari spin-off, tra cui addirittura un RPG strategico. La serie è il sesto franchise più venduto di Capcom, famoso per la grande cura per il dettaglio e per le trovate originali, come il personaggio interpretato da Jean Reno nel terzo capitolo.
Dead Rising 2, 2010
Dead Rising, invece, esce per Xbox 360 nel 2006 ed esprime tutto l'affetto di Inafune nei confronti di George A. Romero e gli zombie tanto cari a Capcom. È un action adventure dai toni molto più leggeri di Resident Evil, in cui il giocatore si trova ad affrontare orde su orde di zombie all'interno di un centro commerciale, utilizzando le armi più strampalate. Anche Dead Rising ha riscosso un grande successo, generando l'immancabile sequel multipiattaforma e un nuovo episodio attualmente in fase di sviluppo per Xbox One. Inafune ha messo il suo insospettabile zampino in decine di titoli firmati Capcom che hanno fatto la storia dei videogiochi: dal mitico DuckTales (per cui è imminente un interessante remake) passando per Cip & Ciop Rescue Rangers su NES, si è occupato anche della direzione artistica del primissimo Breath of Fire, un'altra serie ormai tramontata, e ha firmato, in qualità di produttore esecutivo, una lunga lista di titoli o franchise di grande rilievo per le console più diverse come The Legend of Zelda: Minish Cap, Ghost Trick, Shadow of Rome, Asura's Wrath, Phoenix Wright e moltissimi altri.