Kenia/ Emergenza profughi, nuovi arrivi aggravano la situazione in un periodo di siccità

Creato il 14 gennaio 2013 da Antonio Conte

Caricato in data 09/set/2011 - Ignazio Schintu, team leader della Croce Rossa Italiana, illustra le attività svolte dalla CRI in collaborazione con la consorella keniota

Il Kenya e Campo Profughi

Ifo 3, an extension to the world’s largest refugee camp complex in Dadaab, Kenya. The camp was created to give shelter and services to the huge influx of refugees to Dadaab refugee camps from Somalia in 2011. October, 2011. Brendan Bannon/IOM/UNHCR
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Gloria Pannacci – È di pochi giorni fa la notizia dell’esplosione di una bomba nel campo profughi in Kenya, il bilancio è di due morti e una diecina di feriti, il tutto nei pressi di uno punto ristoro della zona, si tratta dell’ennesimo attentato a questa popolazione. Da fonti della Croce Rossa si apprende che l’esplosione è avvenuta in un noto caffè, il Kwa Mkamba, di Dagahaley, uno dei campi che si trova all’interno del complesso di Dadaab, il più grande del mondo, a circa 100 chilometri dal confine con la Somalia.

Agli occhi di chi scrive, affacciarsi in queste realtà è sempre delicato, nella quotidianità del nostro tempo ci rimane difficile credere che in luoghi non troppo distanti dal nostro paese possano ancora accadere fatti così sconvolgenti; eppure esistono parti del mondo dove la battaglia per la vita è ancora dura, dove il coraggio di lottare e di vivere supera qualsiasi condizione che per la nostra civiltà solo a pensarla sarebbe inimmaginabile. Il campo rifugiati in Kenya è il più grande del mondo, conta circa 400.000 persone, e il numero visto i quotidiani arrivi di migliaia di persone è destinato ad aumentare.

Il campo è nato nel 1922,  è composto da tre agglomerati intorno a Dadaab (Dagahaley, Ifo e Hagadera). Gli abitanti è gente affamata che fugge dall’inferno Somalia, stretta tra due fuochi: la carestia che ha distrutto i raccolti e la guerra. Oggi a Dagahaley, Ifo e Hagadera convivono nuovi arrivati, vecchi residenti e giovani che ci sono nati. I vecchi profughi nei campi di Dadaab si sono organizzati come veri e propri villaggi: ci sono negozi di tutti i generi, compresi quelli più moderni di computer e accessori, agenzie per il trasferimento di denaro, macellerie, botteghe di alimentari e perfino piccoli ambienti dove su una tv vengono proiettati film come in una piccola “sala” cinematografica. Diversa è la posizione dei più giovani in cui sono assenti le aspettative, non riescono a trovare un senso alla loro vita, faticano a inserirsi in una realtà che non offre grandi prospettive e soprattutto per molti è l’epilogo della loro vita, pochi si sposteranno da questo campo, ma definitivamente si stabilizzeranno lì e come i loro antenati costruiranno le loro famiglie in questa realtà. Anche se apparentemente sembra tutto organizzato, la vita non è sicura.

Quotidianamente si sente parlare di attentanti, agguati, accoltellamenti tra profughi, la profonda varietà della popolazione alimenta infatti, seppur in maniera minore, le rivalità interne. Le condizioni di salute e igieniche sono precarie e il rischio è proprio la diffusione di malattie che possono diventare pericolose soprattutto per i piccoli neonati che vengono alla luce nel campo profughi.  Gli aiuti umanitari, anche tramite la Croce Rossa Keniota sono presenti, ma sono sempre in maniera minore rispetto alla grande emergenza che ogni giorno assume dimensioni più rilevanti. Il 30 Luglio è partito dall’Italia un team di valutazione della CRI per Nairobi allo scopo di valutare una eventuale operazione di assistenza e soccorso alla popolazione, ormai allo stremo non avendo più accesso ad acqua e cibo. L’eventuale intervento umanitario della Croce Rossa Italiana sarebbe svolto in accordo e in supporto con la Croce Rossa Keniota e potrebbe concretizzarsi nell’allestimento di un presidio sanitario pediatrico e nelle attività di distribuzione di aiuti alimentari, soprattutto a fronte dei quotidiani arrivi di persone delle quali il 50 % sono bambini malnutriti. Secondo le ultime stime in Somalia sono 3 milioni e 700 mila le persone colpite dalla carestia e che vivono in condizioni di incertezza alimentare, 4 milioni e 500 mila in Etiopia e 2 milioni e 400 mila in Kenya.

Gloria Pannacci

Caricato in data 25/lug/2011

Guarda il VIDEO con le testimonianze degli operatori umanitari di MSF al lavoro nel più grande campo profughi del mondo, a Dadaab in Kenya, dove trovano rifugio migliaia di somali ogni giorno. Le condizioni della popolazione somala, provata da vent’anni di conflitto armato, sono aggravate dalla perdita dei raccolti dovuta alla siccità e dei capi di bestiame, e dall’aumento del prezzo delle derrate alimentari


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