Presentato da un eccellente artwork ad opera di Sam Turner (Speedwolf, Black Breath), Absolution è il primo disco dei Khemmis. La loro proposta è radicata nello sludge/doom, da cui però in parte si distanzia a causa del ricorso a un suono levigato e linee vocali pulite. Talvolta queste si fanno ruvide, eppure permane la sensazione di avere a che fare con una band concentrata sulla ricerca melodica piuttosto che sulla pesantezza. La nitida produzione curata da Dave Otero (Cobalt, Nightbringer) conferisce ai brani un’eleganza raramente riscontrabile in lavori similari e mette in risalto il lavoro svolto dalla sezione ritmica. Laddove “Ash, Cinder, Smoke” affronta le classiche tematiche malinconiche della musica del destino (And in my sorrow, this longing still remains / Memories, not my own, haunt my dreams / Now a void where once there was so much more / Here your vessel and my guilt are now laid to rest), in “Antediluvian” prevale la rassegnazione (Beneath the tides, there is nothing left of us / See our bodies glide / Beneath the waves, our cities become our graves / feel our souls divide / bring us the floods, wash us from this earth / succumb to the tide) e le tonalità divengono aspre, per poi concedere spazio alla maggiormente diretta “Burden Of Sin”. I quattro musicisti di Denver si trovano a proprio agio tanto nei passaggi evocativi quanto in quelli più espansi, e plasmano episodi che concorrono ad avvolgere e ammaliare l’ascoltatore.
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